giovedì 27 dicembre 2012

26 Dicembre uccise Olga e Franca Ricchio

SANREMO - Lei lo aveva lasciato e non voleva tornare a casa, lui l'ha uccisa con un colpo di fucile, con la stessa arma ha ucciso la cognata e si è sparato all'addome, rimanendo gravemente ferito. Così, ieri mattina, in una villetta sulle colline di Bordighera, hanno perso la vita Olga Ricchio, 51 anni e sua sorella Franca, cinquantaquattrenne, uccise da Santino Putrino, 55 anni, marito di Olga.
La vicenda, secondo la ricostruzione dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Imperia, è iniziata circa un anno fa, quando Putrino per una decina di giorni lascia la moglie per andare a vivere con un'altra donna. Poi fa ritorno a casa. Il rapporto tra i due coniugi, però, deve essersi guastato, perchè nel novembre scorso Olga decide di lasciare la sua abitazione, in via San Sebastiano, nella frazione San Niccolò del Comune di Bordighera, per andar a vivere dalla sorella, poche centinaia di metri più distante, in via Gallina. Il figlio della coppia, diciottenne, rimane con il padre.
Putrino non accetta la separazione e, incontrando spesso la moglie per strada a causa della vicinanza della sua abitazione con quella della cognata, ogni volta tenta di convincerla a tornare a casa, senza però fare mai ricorso alla violenza. Il quattro dicembre Olga chiama i carabinieri dicendo di essere molestata dal marito. Ascoltata dai militari insieme con la sorella, la donna non vuole denunciare il marito, precisando: «Ditegli solo di lasciarmi in pace».
I carabinieri non possono fare altro che convocare l'uomo, invitandolo a non molestare più la moglie. La stessa dinamica si ripete il 22 dicembre: l'uomo, questa volta accompagnato dal figlio, si presenta nella villetta di via Gallina, ingiungendo alla moglie di tornare a casa. Lei chiama i carabinieri ma non vuole sporgere denuncia.
Il 26 dicembre, intorno alle 11 Putrino, armato di uno dei suoi 15 fucili da caccia, tutti detenuti regolarmente, entra nell'abitazione della cognata, sorprendendo le due donne nel garage davanti al tinello-cucina al piano terra. Con un colpo (pallini calibro 12) raggiunge la cognata al collo, uccidendola, poi insegue la moglie che è riuscita a fuggire al piano di sotto, la centra da distanza ravvicinata con una scarica mortale tra il collo e le spalle e rivolge l'arma verso se stesso, sparandosi all'addome.
I proiettili escono dalla parte lombare sinistra, lasciandogli la forza di chiamare la sorella e avvertirla del fatto. Ora l'uomo è ricoverato, in stato di arresto, con prognosi riservata nel reparto rianimazione dell'ospedale San Martino di Genova.

lunedì 24 dicembre 2012

Sposa l'assassino di sua sorella

Si amavano e hanno deciso di sposarsi. Tutto normale se non fosse che l'uomo è anche l'assassino della sorella gemella della sposa. Una ragazza argentina di 22 anni, Edith Casas, ha infatti deciso di convolare a nozze con Victor Cingolani, un uomo che sta scontando 13 anni di carcere in una proigione di Buenos Aires per l'omicidio della modella Johana Casas, sorella gemella della ragazza. Ad impedire le celebrazioni è stato un giudice che ha impedito che il prete benedisse l'unione. Lo ha reso noto il legale della madre della giovane, che aveva fatto ricorso per impedire la cerimonia.

Amore o follia? L'opinione pubblica argentina è spaccata e non sa darsi una spiegazione. Da un lato c'è chi è convinto che Edith non sia sana di mente e che il findanzato l'abbia manipolata fino al punto da farle credere di essere innocente e che ci sia un complotto contro di lui. Tra questi c'è anche la madre della ragazza che ha affermato: "Mia figlia è malata ed ha perso il senno". Ma nelle interviste concesse a radio e giornali la giovane sembra tutt'altro che matta, anzi. Sembra convinta che l'omicida della sorella sia ancora a piede libero e che la polizia abbia arrestato l'uomo sbagliato.

"Victor non è una persona violenta e io non sono pazza. Non abbiamo dubbi su quello che stiamo facendo. Noi ci amiamo l'un l'altro". Queste sono state le parole di replica di Edith a tutti coloro che hanno reputato il suo gesto come un atto folle. Ma anche irrispettoso nei confronti della sorella gemella, la modella Johana Casas, brutalmente uccisa il giorno del suo ventesimo compleanno nell'agosto del 2010, nella città di Pico Truncado, a 1.200 chilometri a sud della capitale Buenos Aires.

La modella fu ritrovata in una campagna senza vita, colpita da due pallottole. Anche un secondo uomo, Marco Diaz, il nuovo ragazzo di Johana al momento della sua morte, è in attesa di processo, accusato a sua volta di omicidio. Della morte della giovane modella è stato ritenuto responsabile, fin dalle prime battute, Victor Cingolani, che con la ragazza aveva avuto anche una breve relazione. Le circostanze esatte dell'omicidio della 19enna Johana Casas, rimangono però un mistero, nonostante la sentenza che ha condannato Victor

mercoledì 19 dicembre 2012

Lettera di una madre contro l'indulto.

ROMA - "Ora, grazie all' indulto, mio figlio tossicodipendente tornerà libero e ricomincerà le sue terribili violenze contro di me. Come mi difenderò? Chi mi difenderà? Deve dirmelo il Ministro Mastella. Chiedo di essere ricevuta da lui per sapere se sarà possibile almeno emettere un mandato di cattura nei miei confronti.
Perché un carcere qualsiasi, anche il più invivibile, è più sicuro della mia casa se mio figlio è libero". E' l' urlo disperato di una donna romana di 68 anni, angosciata per l' approvazione dell' indulto che - racconta - restituirà la libertà al figlio, pluripregiudicato e tossicodipendente. "Se Mastella non mi riceverà - racconta la donna - non so proprio più in che modo difendermi. Ho perso ogni speranza: mi ucciderò". Il ministro risponde prontamente all' appello, dicendosi pronto a ricevere la donna ed assicura che farà tutto il possibile per garantirle protezione.

"Mio figlio, ormai solo biologico - racconta la donna - ha oggi 47 anni e delinque da circa 30: entra ed esce dal carcere. Si è macchiato di gravi reati, comprese rapine a mano armata, si è finto malato terminale per realizzare alcune truffe. La famiglia lo ha seguito fino al 1993, sempre lungo gli itinerari previsti dalla legge: il Sert, i centri di recupero, le comunità. Tutto inutile. Gli è stata data l' ultima chance. Anche questa inutile. Da allora le violenze di mio figlio contro di me sono aumentate, sempre finalizzate ad ottenere soldi per comprare la droga. In oltre un decennio di terrore, ha devastato più volte la casa, mi ha picchiata, mi ha umiliata. Ed io sono caduta in uno stato di depressione severa".

Nel 2003 - continua, in lacrime, la donna - "mio figlio è stato arrestato dalla polizia mentre tornava a casa armato di un coltello a serramanico con il quale, probabilmente, aveva intenzione di scagliarsi contro di me. Al momento della cattura ha anche ferito un agente. E' stato processato, condannato e - da quanto ho saputo da un funzionario di polizia - durante la detenzione è anche evaso da un ospedale nel quale era stato ricoverato". Ciononostante l' uomo - racconta la madre - ha ottenuto alcuni mesi fa gli arresti domiciliari in una comunità. Ora, in conseguenza dell' indulto, tornerà libero. "Tornerà a fare rapine, a picchiarmi, a torturarmi - dice la donna - a devastare la casa giorno e notte, pronto anche ad uccidermi".

Di fronte a questa prospettiva, la madre, disperata, invoca l' intervento del Ministro Mastella affinché un "atto di buonismo verso i rei qual è l' indulto" non diventi "un atto di ingiustizia verso i cittadini per bene". "Signor Mastella - dice la donna - mi riceva. Vorrei chiederle se mi accoglierà a casa sua; o se mi darà un alloggio protetto; o se mi assegnerà una scorta per difendermi dal mio figlio biologico. In alternativa, se è possibile che io sia arrestata e rinchiusa in un carcere invivibile, il peggior carcere, ma pur sempre più sicuro della mia casa. Se tutto questo non sarà possibile, signor Ministro, io ho già deciso: mi toglierò la vita. Vorrò farlo io - conclude la donna - per impedire che lo faccia mio figlio: non voglio vedere i suoi occhi mentre mi uccide".

Non si fa attendere la risposta del ministro, che si dice "colpito e commosso" dalla vicenda. "Ho pensato altre volte - scrive Mastella alla donna - a tragedie come la sua. E' recente la memoria della giovane donna minacciata e perseguitata da un uomo che ha finito per assassinarla, e dell'impotenza inaccettabile dello Stato e della comunità civile. Suo figlio, trovandosi nelle condizioni che gli consentono di beneficiare dell'indulto, uscirebbe comunque dagli arresti entro tre anni, e comunque sarebbe necessario impedirgli di minacciare e rovinare la sua vita. Mi premurerò, con tutte le persone che possano avere una autorità e una competenza (magistrati, medici, organi di polizia) - aggiunge il Guardasigilli - perché lei sia messa al riparo dalla sopraffazione e dalla violenza. Mi lasci dire che il suo pensiero, che l'indulto da un atto di umanità nei confronti dei rei non si rovesci in un atto di ingiustizia verso i cittadini onesti, è anche il mio. Ma - conclude Mastella - ci sono tutti gli strumenti e le garanzie, e le misure di prevenzione disposte dall' autorità di polizia, perché ciò non accada".

Esce dal carcere dopo l'indulto Picchia la madre Uccise il padre

Esce dal carcere Picchia la madre Uccise il padre


Il 29 maggio 2005 aveva massacrato a calci e pugni il padre 70enne, che due giorni dopo era morto in ospedale. Domenica scorsa è stato arrestato in flagranza di reato per aver maltrattato la madre 67enne. Lo ospitava nella sua abitazione a Corsico da quando aveva finito di scontare, in anticipo grazie all' indulto, la condanna a 8 anni di reclusione e 3 anni di casa di cura e custodia per omicidio preterintenzionale aggravato dalla relazione di parentela. Ieri Massimiliano Scotti, 46 anni, ha ammesso tutto davanti al gip Anna Maria Zamagni in occasione dell' udienza di convalida che si è tenuta nel carcere di San Vittore, e ha chiesto aiuto, spiegando di essere alcolizzato. Domenica scorsa l' allarme era scattato dopo una telefonata al 112 del fratello di Scotti, chiamato dalla mamma.

martedì 18 dicembre 2012

Loredana Boscani 50 anni. Uccisa.

Donna uccisa con la testa spaccata
Il fratello sentito per tutta la notte
Segni di strangolamento sul collo della cinquantenne hanno dato agli inquirenti la certezza che si tratta di omicidio
MILANO – Era il primo giorno di cassa integrazione di Loredana Boscani, operaia di 50 anni. E’ stata trovata morta, lunedì sera, nel suo appartamento in via delle Margherite 6, nel quartiere Aler di Rozzano. La certezza che si tratti di omicidio è emersa, dopo le prime indagini, dall’ispezione medico-legale, che ha riscontrato segni di strangolamento sul collo della cinquantenne oltre a una vasta profonda ferita alla testa. Al momento la causa della morte è ancora da accertare, ma è evidente che gli investigatori dell’Arma hanno sciolto ogni remora nel definire l’episodio come un omicidio. A fare il macabro ritrovamento è stata la vicina di casa, che ha trovato la porta dell’appartamento spalancata. Da un primo sopralluogo la casa è apparsa in ordine e senza segni di effrazione.
IN CASSA INTEGRAZIONE – Loredana Boscani abitava assieme alla madre ultraottantenne, costretta a letto. L’anziana, pur essendo presente in casa al momento dei fatti, non ha saputo raccontare nulla. La 50enne, nubile, faceva l’operaia, ma proprio da lunedì mattina era stata messa in cassa integrazione dall’azienda per cui lavorava. La donna è descritta come una persona molto morigerata, riservata, senza apparenti ombre nella vita, dedita al lavoro e alla cura della madre, costretta a letto per motivi di salute. Nell’appartamento, a una prima analisi, non manca nulla, né sono presenti segni di

Violenta e mette incinta la figlia. Condannato a 12 anni

MANTOVA - Ha violentato per anni la figlia fin da quando era minorenne e l'ha pure messa incinta. Per questo oggi il tribunale di Mantova ha condannato a 12 anni di carcere un extracomunitario di 46 anni residente in un comune dell'Alto mantovano.
Le violenze sarebbero iniziate nel 2007 quando la ragazzina aveva 13 anni, e avvenivano sempre a casa. Solo alla fine dell'anno scorso, quando è rimasta incinta partorendo poi il bimbo, la ragazza ha denunciato il padre rivolgendosi agli insegnanti della scuola che frequentava.
Il genitore è stato arrestato nel febbraio di quest'anno e si è sempre proclamato innocente, anche se il test del Dna sul bimbo lo ha inchiodato alle sue responsabilità. Il pm aveva chiesto per lui una condanna a 14 anni di reclusione. La ragazza, ora maggiorenne, è stata da tempo trasferita, con il figlio, in una comunità protetta.

mercoledì 12 dicembre 2012

Sono poveri gli tolgono i figli. Mattino5 12 Dicembre

Storia di una famiglia di Pocenia alla quale sono stati tolti 4 figli dai servizi sociali in seguito ad una richiesta di aiuto ai servizi sociali per gravi problemi economici.... Vi invito a vedere la storia e rispondere al sondaggio


http://www.video.mediaset.it/video/mattino_5/full/362846/mercoledi-12-dicembre.html



Giovanna 27 anni 3 figli. Uccisa dall'ex marito

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Lunedì 10 Dicembre 2012 - 15:30
CASERTA - E' sotto choc il paese di San Felice a Cancello nel casertano dove ieri pomeriggio il fruttivendolo di 27 anni Giovanni Venturano ha ucciso a coltellate la moglie coetanea Giovanna De Lucia che lo aveva lasciato di recente trasferendosi a casa della madre con i tre figli.
La donna, secondo quanto accertato dal medico legale, è stata pugnalata nove volte prima di cadere sul pavimento in fin di vita (è poi deceduta qualche ora dopo all'ospedale di Maddaloni, ndr). Venturano, ha poi rivolto verso di sè l'arma dalla lama lunga 20 centimetri, ma non ha trovato la forza di suicidarsi, procurandosi ferite lievi alla gola e all'addome.
Venturano, residente ad Acerra, è noto nella frazione Polvica di San Felice, dove ha il negozio di frutta e dove è ubicata l'abitazione della suocera all'interno della quale si è consumato il dramma. I tre figli della coppia sono ora affidati proprio alla nonna.
Una famiglia sfortunata quella della vittima; dodici anni fa il padre della 27enne, Luigi De Lucia, fu infatti ucciso con un fucile da caccia insieme alla sorella e a due nipoti da un parente, Antonio Gagliardi, per questioni di vicinato, in particolare per la costruzione di un pollaio di cui l'omicida non voleva assolutamente sapere.

AVEVA PORTATO VIA I FIGLI La coppia era in crisi da tempo, tanto che la ragazza aveva lasciato il marito ed era tornata a vivere con la madre, portando con sè anche i tre bambini. La moglie aveva preso la decisione dopo continui e violenti litigi familiari. Intorno alle 15 di oggi Venturano era andato nella casa della madre a trovare la donna.

venerdì 7 dicembre 2012

Castelvolturno. Rilasciato Belmonte.

CATANZARO - Dopo 23 giorni di detenzione è tornato libero Domenico Belmonte, il 72enne ex direttore sanitario del penitenziario di Poggioreale accusato di aver ucciso la moglie Elisabetta Grande e la figlia Maria, occultandone i cadaveri. A disporne la scarcerazione è stato il Tribunale del Riesame di Napoli, ottava sezione, che ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare emessa il 16 novembre scorso dal gip di Santa Maria Capua Vetere, Francesco Caramico D'Auria. La vicenda di Elisabetta e Maria era salita alla ribalta della cronaca il 12 novembre, quando la polizia trovò in un sottoscala della villa di Baia Verde a Castel Volturno i resti delle due donne di cui si erano perse le tracce dal luglio del 2004. Era stato il cognato di Belmonte, Lorenzo Grande, fratello di Elisabetta, a dare nuovo impulso alle indagini con una denuncia sporta nell'agosto scorso al Commissariato di Castel Volturno e segnalata alla trasmissione «Chi l'ha visto?». Belmonte, secondo quanto riferiscono i legali, è molto debilitato dalla detenzione. Le motivazioni del Riesame non sono ancora state depositate e dunque non si sa se i giudici abbiano ritenuto non gravi gli indizi di colpevolezza o non sussistenti le esigenze cautelari. Il medico, sottolineano gli avvocati Carlo De Stavola e Rocco Trombetti, non si è mai allontanato dalla sua abitazione, neppure dopo che, lo scorso ottobre, i giornalisti della trasmissione 'Chi l'ha visto?' gli hanno fatto domande sulla moglie e sulla figlia; non avrebbe avuto neppure di che pagarsi la fuga, dal momento che non ha mai fatto richiesta di ottenere la pensione e ha vissuto finora con il denaro della liquidazione. Infine, sottolineano i legali, non ha mai modificato lo stato dei luoghi nè avrebbe, ovviamente, potuto reiterare il reato.

GLI INDIZI Quanto agli indizi, per De Stavola e Trombetti nel fascicolo ci sono solo «sospetti», mentre sulla vicenda permangono anomalie che si sta cercando di chiarire con l'aiuto dei consulenti. Due le principali: nessuno ha mai sentito un cattivo odore provenire dalla villetta e accanto agli scheletri di Maria ed Elisabetta non c'erano i capelli, che si decompongono molto lentamente. L'ipotesi della difesa è dunque che le due donne siano state in un primo momento sepolte altrove e solo in una seconda fase siano state trasportate nella casa di Castel Volturno, all'insaputa del dottor Belmonte. Nuovi e decisivi elementi potrebbero ora arrivare dagli accertamenti sulle ossa, di cui si sta occupando il pool formato da tre medici legali e un antropologo forense designati nelle scorse settimane dalla Procura e dalle parti. Dal canto suo l'avvocato Nunzia Raimondi, difensore della parte offesa, Lorenzo Grande, congiunto delle due donne, spiega di «rispettare la decisione dei giudici del Riesame di Napoli di cui tuttavia non conosciamo ancora le motivazione». Al momento, si apprende da ambienti investigativi, la radiografia compiuta sui resti non avrebbe evidenziato segni di violenza, ma si attendono altre risposte, come quella sull'eventuale differente datazione del decesso.

Lisa 22 anni uccisa. L'ex era stato denunciato gia' tre volte

UDINE - Ancora un caso di violenza sulle donne. Secondo le prime informazioni, la vittima, Lisa Puzzoli, di 22 anni, dal 2010 aveva presentato già tre denunce alle forze dell'ordine per persecuzione nei suoi confronti da parte di colui che oggi è diventato il suo assassino. Questi, che ha 27 anni, è il suo ex convivente (e non convivente come detto in precedenza). I due già da tempo non vivevano più insieme per disaccordi. Sembra che alla base dei frequenti litigi ci fosse la nascita di una bambina, due anni fa, che l'uomo non avrebbe ancora riconosciuto, in attesa di un test del Dna che ne avrebbe accertato la paternità.

L'ALLARME DATO DALL'EX
Subito dopo l'omicidio della ex convivente (e non convivente come detto in precedenza), Lisa Puzzoli, di 22 anni, l'uomo ha chiamato i carabinieri e i soccorsi per denunciare il fatto. I militari lo avrebbero trovato nei pressi poco dopo e fermato con l'accusa di omicidio volontario. Al momento viene vagliata l'ipotesi della premeditazione. Secondo alcune indiscrezioni, infatti, sembra che l'assassinio sia giunto nell'abitazione, dove abitava la ragazza, già con un coltello in tasca. La dinamica dei fatti, però, è in fase di lenta ricostruzione. È invece certo che al momento della colluttazione conclusasi con le coltellate, fosse presente anche il fratello della vittima, che dunque sarà escusso come testimone oculare. Sul posto è giunto anche il pubblico ministero della Procura di Udine, Marco Panzeri, titolare dell'inchiesta, e il medico legale, Carlo Moreschi, che sta effettuando una prima ispezione del cadavere.

giovedì 6 dicembre 2012

Processo del piccolo Claudio

Di seguito troverete le trasmissioni che si sono occupate del piccolo Claudio

Mattino5 Martedi 4 Dicembre intervento del Senatore Stefano Pedica Rita Maccarelli Manuela Ciadini Maurizio Costanzo avvocato Paolini.
http://www.video.mediaset.it/video/mattino_5/full/361589/martedi-4-dicembre.html

Mattino5 Giovedi 6 Dicembre intervento di Rita Maccarelli Maurizio Costanzo Avvocato Stefano Ciapanna legale dell'associazione Valore Donna e dell'onorevole Mussolini.
http://www.video.mediaset.it/video/mattino_5/full/361881/giovedi-6-dicembre.html

Pomeriggio5 Martedi 4 Dicembre intervento di Rita Maccarelli al termine del processo
http://www.video.mediaset.it/video/pomeriggio_5/full/361628/martedi-4-dicembre.html

mercoledì 5 dicembre 2012

Sequestra e violenta l'ex fidanzata e poi si impicca

VICENZA - Ha bloccato l’ex fidanzata per strada, mentre rincasava a piedi, l’ha costretta a salire nella sua auto e l’ha accoltellata, perché non reagisse. Quindi l’ha portata in aperta campagna, nella zona di Sant’Agostino, l’ha legata e imbavagliata, per usarle violenza. Secondo una prima ricostruzione l’avrebbe infatti portata fuori dall’abitacolo e ne avrebbe abusato. A distanza di circa cinque ore dal sequestro, attorno alle 2 di notte, avrebbe smesso di farle del male. Ha lasciato l’ex ragazza agonizzante a terra, e si è andato ad impiccare in un vicino albero, lasciando un biglietto di scuse alla famiglia e alla stessa vittima. Sono questi i raccapriccianti particolari di quanto accaduto nella notte a Vicenza. Protagonista un 29enne della provincia che non riusciva ad accettare la fine della storia con la ragazza di due anni più giovane di lui. Secondo i carabinieri era tutto premeditato.
Non a caso il ragazzo aveva pensato a tutto, dal coltello con cui infierire al nastro adesivo per imbavagliare l’ex, alla corda per legarla. Un incubo per la studentessa che ha rischiato di morire. Quando l’hanno trovata i carabinieri, dopo le 3 di notte e prolungate ricerche alle quali hanno partecipato anche i poliziotti della questura, era sotto choc, aveva perso molto sangue e patito una leggera ipotermia a causa del freddo. Dopo che l'ex fidanzato si era allontanato, portando con sé un pezzo della corda usata per legarla maldestramente, lei sarebbe riuscita a indicare ai soccorritori dove si trovava, dopo aver visto passare una pattuglia della polizia stradale lungo l'autostrada A4, che passa poco lontano dal luogo dove era stata portata con la forza.

Misseri :" Ho ucciso io Sarah"

Mercoledì 05 Dicembre 2012 - 13:11
TARANTO - «Ho ucciso io Sarah, questo rimorso non lo posso più portare dentro di me». Lo ha detto Michele Misseri nel corso della sua deposizione in Corte d'Assise per il processo Scazzi. Subito dopo il suo difensore, Armando Amendolito, ha rimesso il mandato. La Corte d'assiste ha disposto una pausa di cinque minuti.
«Non è stata Sabrina ad uccidere Sarah», così Misseri ha risposto piangendo a Franco Coppi, difensore di sua figlia Sabrina. «Quindi a provocare la morte di Sarah è stato lei, lo sta dicendo davanti alla Corte d'Assise», ha insistito il legale: «Si, sono stato io», ha risposto il contadino.
Nella sua deposizione, Michele Misseri, piangendo, ha ricostruito quanto avvenuto il 26 agosto 2010 nel garage della sua villetta, quando fu uccisa Sarah. «Non ho visto scendere Sarah, era dietro di me. Mi ha detto: 'zio perchè stai gridando?' Le ho detto: vattene. Non ho capito cosa voleva da me, mi stava dando fastidio. Quando gli inquirenti mi hanno portato in garage per raccontare quello che era successo, ero drogato».
Misseri ha fatto presente che Sarah «insisteva, allora io l'ho spostata, lei mi ha tirato un calcio e io allora ho preso un pezzo di corda e l'ho stretta. Non so nemmeno quanto è durato. Lei si è accasciata ed è caduta su un compressore, che è stato prelevato dagli inquirenti dopo tanti mesi».

"LA STRANGOLAVO". «Ho stretto Sarah con forza e a un certo punto ha cominciato a squillare il telefonino, che è caduto per terra. Non avevo visto che si era rotto, poi l'ho raccolto e messo nell'auto». Lo ha detto Michele Misseri, ricostruendo le fasi dell'omicidio di Sarah Scazzi. Il contadino ha aggiunto di aver premuto leggermente con le dita sugli occhi di Sarah. «Era una tecnica che avevo appreso in un corso che avevo seguito in Germania. Quando schiacci con il dito, se l'occhio si muove la persona è ancora viva, ma non si muoveva niente». Misseri ha poi sottolineato di aver cercato più volte di far trovare il telefonino di Sarah. «L'ho lasciato davanti alla caserma dei carabinieri - ha affermato Misseri - perchè volevo che mi scoprissero, che era inutile girare e che ero stato io, ma non avevo il coraggio di confessare. In un secondo momento l'ho portato in una stazione di servizio di Manduria, dove c'erano due pietre grandi, ma nemmeno lì lo trovarono». «La terza volta - ha detto ancora - lo lasciai nei pressi di un vecchio autolavaggio dove poi ho scoperto che abitava Ivano. Quando lo trovarono tra gli arbusti mi misi a piangere: anche quello era un modo per far cadere le attenzioni su di me». «Quando lo seppe Sabrina - ha detto infine - mi disse: 'se lo hanno lasciato lì, ti vogliono incastrare, ma ovviamente non sapeva che ero stato io».

ACCUSE ALLA BRUZZONE «La dottoressa Bruzzone mi disse: tu esci subito e tua figlia tra due anni. Per questo ho incolpato Sabrina». Lo ha detto Michele Misseri nel corso del processo per l'omicidio di Sarah Scazzi tornando ad accusare la criminologa Roberta Bruzzone, all'epoca consulente di parte, di averlo in qualche modo indotto a cambiare versione e ad addossare le responsabilità dell'omicidio a sua figlia Sabrina.
«Non posso andare avanti così - ha aggiunto zio Michele - altrimenti devo pensare al suicidio. Mi dissero: arresteranno tuo fratello e tua moglie. Io lo so che mi inguaieranno perchè loro sono creduti e io sono uno stupido contadino. Dissero che mi potevano aiutare». Piangendo, il contadino ha aggiunto: «Tutti si sono approfittati della mia debolezza. Sanno che mi portano dove vogliono».

"COSIMA E SABRINA NON SAPEVANO NULLA" «Di quello che avevo fatto non lo sapeva nessuno, nemmeno Cosima e Sabrina. Loro mi vedevano piangere quando vedevo in tv le immagini di Sarah». Lo ha sottolineato Michele Misseri nel corso del processo in Corte d'Assise. «Mi stavo suicidando con un potente veleno - ha aggiunto - ma in questo modo però non avrebbero trovato il corpo della ragazza. Quello che dico Š: proprio a me doveva succedere?».
Il contadino ha poi parlato nuovamente dell'omicidio ribadendo che Sarah gli aveva tirato un calcio. «Da li’ - ha precisato - è partito tutto. Per questo mi e’ venuto il calore alla testa». Rispondendo alle domande dell'avv. Franco Coppi, alla ripresa dell'udienza sospesa per la nomina di un difensore d'ufficio, Misseri ha detto che tutte «le versioni in cui ha accusato Sabrina sono false».
Misseri ha consegnato alla Corte una lettera anonima di minacce nei suoi confronti e ricordato che alcuni giorni prima qualcuno avvelenò i suoi 8 gatti. Inoltre, ha detto che il suo ex difensore Daniele Galoppa gli impedì di raccontare la verità, anche quando, dopo l'incidente probatorio, si era «pentito di aver raccontato cose non vere».

"SABRINA SI E' SACRIFICATA PER ME" «Mi dispiace perchè Sabrina si e’ sacrificata per me». Lo ha detto, in lacrime, Michele Misseri nel corso della sua deposizione nel processo per l'omicidio di Sarah Scazzi. Il contadino ha dichiarato che in occasione del sopralluogo nel garage con gli inquirenti era stato «drogato», riferendosi a degli psicofarmaci che gli sarebbero stati somministrati mentre era in carcere.
L'avvocato Franco Coppi, difensore di Sabrina Misseri, ha fatto presente al testimone che «nel caso, diremo alla Corte d'assise di recarsi sul posto e lei farà vedere come sono andate le cose». Michele Misseri ha ricostruito quanto avvenuto il 26 agosto del 2010 a partire dalla prima mattinata, quando si recò a un Consorzio per acquistare due lattine di olio e in seguito andò in campagna con il fratello Carmine.
Al ritorno passò dalla banca per depositare un assegno. «Quel particolare l'ho ricordato in un secondo momento. Il bancario - ha sottolineato 'zio Michelè - mi disse che ci voleva la firma di mia moglie. Risposi che sarei tornato ma lui mi consentì di firmare al suo posto perchè ci conoscevamo da tanto tempo».
Misseri ha poi precisato che quel giorno aveva un forte mal di testa e che al suo ritorno a casa stava facendo un incidente stradale. «L'auto ha sbandato e stavo finendo fuori strada. Non so nemmeno io come sono riuscito a rimettermi in carreggiata. Peccato - ha detto piangendo - perchè sarebbe stato meglio, la bambina si sarebbe salvata». Per continuare la sua deposizione ora Michele Misseri dovrà trovare un difensore d'ufficio dopo la rinuncia al mandato dell'avv. Armando Amendolito.