Per la Cassazione non c’è nessuna pagina da riscrivere. E’ stato Roberto Spaccino ad uccidere la moglie Barbara Cicioni incinta all’ottavo mese di gravidanza nella loro villetta rosa a Compignano di Marsciano. Per questo ha confermato la sentenza con cui la Corte d’Assise d’appello di Perugia lo aveva condannato all’ergastolo nel settembre del 2010. E con la pronuncia degli ermellini si chiude la vicenda processuale dell’omicidio della mamma di Compignano.
Chiusa la vicenda processuale, non quella umana Quella umana invece segnerà per sempre tutti i protagonisti della storia. A partire dai figli della coppia Filippo e Niccolò che hanno perso una madre da piccolissimi e non vedono il padre da quando venne arrestato il giorno del funerale di Barbara. Passando per i genitori della vittima, Paolo Cicioni e Simonetta Pangallo a cui non restano che ricordi e un risarcimento da incassare disposto dalla Corte Suprema. Finendo con Roberto Spaccino che si è sempre dichiarato innocente e che chiede da tempo di rivedere i figli.
Difesa, rispetto per la sentenza ma crediamo innocenza Spaccino «Ho creduto al mio cliente e mi sono battuto insieme ai miei colleghi Titoli e Borzone per dimostrare la sua innocenza alla giustizia degli uomini. Ma non è stato possibile. Non posso che rispettare questa sentenza della Suprema Corte, ma continuo a credere nell’innocenza di Roberto Spaccino».
I motivi del ricorso Luca Gentili che insieme al collega Roberto Borzone in Cassazione ha contestato in particolare le motivazioni dei giudici, l’inutilizzabilità dell’interrogatorio del loro assistito, alcune ricostruzioni fatte dalle due corti che hanno giudicato l’ex camionista.
Soddisfazione per le parti civili «Risulta definitivamente acclarata la responsabilità di Roberto per l’efferato omicidio di Barbara e per i reati di maltrattamento correlati – ha detto l’avvocato di parte civile Francesco Falcinelli -. Naturalmente rimane il dolore del mio assistito Paolo Cicioni per la perdita dell’amata figlia Barbara». Il penalista perugino Falcinelli ha discusso a lungo questioni di diritto per difendere il buon impianto della sentenza di secondo grado. «Con questa decisione – ha affermato l’avvocato Francesco Gatti che rappresentava gli zii di Barbara – è stato confermato in pieno l’impianto accusatorio. Una condanna così aspra motivata anche dal fatto che Spaccino, oltre alla moglie, ha ucciso anche il figlio che la donna portava in grembo». «Si chiude una vicenda in cui la decisione della cassazione ci conforta – ha aggiunto l’avvocato della madre della vittima Valeriano Tascini -, anche per la valutazione fatte già all’indomani dell’omicidio. Per i figli questa sentenza ha messo un punto fermo da cui forse potranno trarre un po’ di tranquillità per il futuro».
Forse un incontro tra Spaccino e i figli Forse, dopo la sentenza della Cassazione, potrà anche configurarsi un incontro con il padre, fin qui richiesto e negato a Spaccino dai giudici che motivavano dicendo di dover attendere almeno la chiusura della vicenda giudiziaria. E ora che la suprema Corte ha rigettato il ricorso della difesa come sollecitato anche dal procuratore generale in udienza, nessuna altra sentenza potrà essere scritta. A Spaccino resta da vivere una vita in carcere. A Filippo e Niccolò una lunga vita senza la mamma.
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