ROMA - Le tracce biologiche individuate sul corpetto di Simonetta Cesaroni, uccisa a Roma il 7 agosto del 1990, identificano ''con certezza la presenza di almeno tre soggetti maschili''. E' quanto affermano i periti nominati dalla corte d'assise d'Appello per chiarire le cause della morte della giovane.
Gli esperti hanno esaminato 12 campioni di tracce biologiche prelevate tra il corpetto e il reggiseno di Simonetta. Quanto ai due campioni prelevati sul reggiseno sono entrambi attribuibili a Raniero Busco. La presenza di tre soggetti di sesso maschile è stata individuata nel ''settimo campione prelevato dalla parte sinistra del corpetto''.
Comparando tale traccia con il profilo genetico dell'imputato gli esperti rilevano come ''la mancanza di alcune caratteristiche proprie del profilo genetico di Busco potrebbe essere ricondotta ad artefatti di amplificazione o alla loro reale assenza dal profilo. La valutazione del collegio peritale - è scritto - propende a favore della prima ipotesi, pur in assenza di analisi in replicato in grado di dirimere tale questione''.
In merito agli altri campioni sul corpetto o si tratta di tracce biologiche commiste o non attribuibili all' imputato o attribuite a Busco anche se per alcune i consulenti ipotizzando che la traccia possa essere frutto di una contaminazione tra reperti. In merito alle traccia ematica individuate sul lato interno alla porta della stanza dove fu trovata priva di vita, Simonetta Cesaroni, ''e' attribuibile ad un soggetto maschile di gruppo sanguigno A e di genotipo 1.1/4 al locus Dqalfa e quindi certamente non all'imputato Raniero Busco''.
Quanto alla traccia di sangue trovata sul lato opposto della stessa porta e' attribuibile ''con certezza alla vittima. Frammisti, vi sono quantitativi minimi di Dna in relazione ai quali non è possibile eseguire qualsivoglia comparazione''. Anche il sangue trovato sul telefono della stanza teatro del delitto è dello stesso gruppo sanguigno e quindi ''non puo' essere attribuito ne alla vittima ne all'imputato''. Sullo specchio dell'ascensore dello stabile di via Poma furono trovate due tracce ematiche: una, secondo i periti, è di Simonetta, l'altra è ''attribuibile ad un soggetto di sesso maschile allo stato ignoto''.
Non è riconducibile ad un morso la ferita individuata sul capezzolo sinistro. Il morso era stato uno degli aspetti chiave per la condanna in primo grado dell'ex fidanzato di Simonetta, Raniero Busco, a 24 anni di reclusione con l'accusa di omicidio volontario.
''Le due minime lesioni escoriative seriate poste al quadrante supero-mediale della base d'impianto del capezzolo sinistro - scrivono nella perizia di oltre 260 pagine -, non sono in grado di configurare alcun morso, oltretutto mancando l'evidente traccia di opponente, per cui restano di natura incerta'', per i periti ''potrebbe essere di tutto''.
Secondo la perizia, le lesioni potrebbero essere attribuite ''ad una unghiatura parziale per strizzamento tra due dita del capezzolo ove sul posto il contatto avvenne propriamente con il margine ungueale e dall'altra parte ebbe ad agire solo il polpastrello; oppure all'azione di un altro mezzo escoriativi, teoricamente spicole ed apici dentari compresi (indentazione), ove la superficie di contatto e strusciamento fu limitatissima e magari appuntita''.
A parere dei consulenti quella del morso è una ''ipotesi'' formulata dai periti tecnici della Procura di Roma. ''Su tale semplice ipotesi in seguito - si legge nella perizia di oltre 200 pagine - sono state sviluppate una serie di consulenze tecniche odontoiatriche forensi indubbiamente affascinanti e suggestive per la sofisticazione delle ricostruzioni proposte che si spingono ad indicare per l'accusa, una compatibilita' con la particolare dentatura dell'imputato Busco, mentre per la difesa ciò non sarebbe possibile pur non negando affatto la verosimiglianza del morso con modalita' particolari, senza poterlo tuttavia riferire all'imputato''.
Gli esperti si pronunciano, poi, sulla posizione e sulla dinamica con cui il presunto morso sarebbe stato lasciato sul seno di Simonetta: una ricostruzione che appare ''inverosimile'' e ''impossibile ad un essere umano''. Nella perizia viene messo in luce che ''le due piccole escoriazioni sono state studiate partendo da una vecchia fotografia, neppure esattamente prospettica ed anche se sono stati utilizzati metodi di correzione informatici, cio' non offre certezze''.
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