ROMA – Il Consiglio dei ministri ha appena varato una nuova norma che rende più semplice cambiare cognome. Chi ha avuto la sventura di chiamarsi Della Morte o Pisellino potrà più semplicemente scegliere un nuovo nome. Ma il “diavolo”, e che diavolo stavolta, si nasconde nei dettagli. E un dettaglio grosso e storto come una casa sbilenca è il fatto che la norma in questione contiene anche dell’altro: stabilisce che le donne vedove o divorziate potranno aggiungere al nome dei figli quello del nuovo marito. Lo segnala un articolo firmato da Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della Sera di domenica 26 febbraio ed è singolare che solo l’attenta giornalista se ne sia accorta.
Dunque cognome del secondo marito da aggiungere e quello dei figli per le donne vedove e/o divorziate. Se vorranno, potranno farlo. Bene per le prime, ma le seconde? E soprattutto, i padri divorziati che vedranno cambiare il cognome dei propri figli? Se non esattamente di esproprio si tratta, poco ci manca. Esproprio morale di paternità di sicuro. Se da un lato infatti si capisce la ratio per cui chi è rimasta vedova possa sentire la necessità di “normalizzare” il nuovo status familiare, meno si comprende per le seconde. Ma soprattutto, la nuova normativa, sembra non tenere in nessun conto i padri, almeno quelli ancora in vita. Mettere sullo stesso piano chi per sua sfortuna non c’è più e chi per varie ragioni di vita si è separato non è elegante né tantomeno giusto o civile.
Una donna rimasta sola che si rifà una vita con un nuovo uomo, e decide di includere maggiormente, facendoli sentire parte della nuova famiglia, i figli di primo letto aggiungendo al loro nome il cognome del nuovo marito, è una cosa comprensibile e anche un bene, probabilmente, per i figli stessi. Inoltre il padre naturale, passato a miglior vita, difficilmente potrebbe avere qualcosa da obiettare, e anche se l’avesse difficilmente avrebbe i mezzi per farlo.
Altro discorso è, ovviamente, anche se il testo della norma sembra non percepire quest’ovvietà, per i padri divorziati. In questo caso nessuno è passato a miglior vita e aggiungere il cognome del nuovo marito della mamma a quello originario potrebbe sembrare, anzi sarebbe di certo, un affronto, un insulto, uno sgarbo, un dispetto al vero papà dei piccoli. Certo, esisterà il caso in cui il padre naturale sia un violento, un pessimo padre, e per la madre e i figli allontanarsene, anche cambiando cognome, sia non solo sano ma persino auspicabile. Ma esisteranno anche situazioni in cui il padre biologico non sia affatto un pessimo padre, e privarlo anche della potestà nominativa sulla prole non sia né sano né auspicabile.
E potrebbe persino verificarsi la fattispecie in cui la madre tradisce il padre, lo lascia, lo priva dei figli e anzi aggiunge al loro nome quello dell’amante divenuto nel frattempo nuovo marito. Nonostante l’ampio ricorso all’affido condiviso, quando due genitori si separano, quasi sempre sono i padri a subire le conseguenze economiche e, cosa più importante, a vedere drasticamente ridotta la finestra di tempo che possono passare con i figli che, nella stragrande maggioranza dei casi, restano con la mamma. La nuova norma sul cognome certo, dal punto di vista pratico, non aggrava la condizione di questi padri, ma ne peggiora senza dubbio quella emotiva. Oltre a vedersi allontananti nella quotidianità dai figli, con questa novità, se ne vedono allontanati anche legalmente. Espropriati, di fatto, di un pezzo di vita.
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