martedì 22 gennaio 2013

Mattino5 22Gennaio 2013. Violenza sulle donne intervento Valore Donna




Tra gli ospiti anche Filomena Di Gennaro..... La sua storia raccontata da una cara amica Maria Rosaria De Simone

Ho un appuntamento nella piazzetta davanti al Pantheon con Filomena Di Gennaro. L’ho conosciuta in occasione della della presentazione in Senato di un DDl sulla richiesta della certezza della pena. Mi è piaciuta e le ho chiesto di raccontarmi la sua storia. L’aspetto seduta ad un tavolino di un delizioso bar. Il sole è ancora indeciso sul da farsi, ma nell’aria si comincia a sentire la primavera. Eccola che arriva…Filomena è riconoscibilissima tra la folla, con la sua sedia a rotelle spinta da un uomo dall’aria gioviale, suo marito. Ci salutiamo come se ci conoscessimo da tanto. Filomena ha un bel volto, con un sorriso largo e lo sguardo luminoso. Tutti la chiamano Milena. Ha circa trentadue anni, è pugliese di origine e si trova nella capitale dai tempi dell’Università. E’ laureata in psicologia. Nel 2005 vinse un concorso per l’Arma dei Carabinieri e, nello stesso anno, frequentò un corso per diventare maresciallo.
Cosa provasti ad indossare la divisa dell’Arma?
Una grande emozione…era il sogno di tutta una vita. Mi sentivo realizzata e felice. Purtroppo è durata poco, questa felicità.
Perché?
Perché il mio ex fidanzato mi ha ridotto sulla sedia a rotelle ed il mio sogno di carabiniere si è infranto.
Quando è accaduto?
Il 13 gennaio 2006, Marcello Monaco, che viveva a Stornarella, un paesino in provincia di Foggia, dove vivevo anch’io prima di trasferirmi a Roma per motivi di studio, è venuto a cercarmi a Roma ed ha tentato di uccidermi con una pistola.
Lo frequestavi da tanto?
Praticamente siamo cresciuti insieme. Siamo stati fidanzati 11 anni, sai quei rapporti portati avanti per abitudine, anche se avevo capito che non avevamo nulla in comune. Io ero espansiva e desiderosa di conoscere il mondo. Lui invece era uno sfaticato, dalla doppia personalità. Ma questo ho avuto modo di verificarlo dopo e, purtroppo, a mie spese. Ad un certo punto, l’ho lasciato. Avevo altri desideri, altri sogni per il mio futuro.
E lui, come l’ha presa?
Guarda, quando l’ho lasciato, durante le feste del Natale del 2005, ho cercato di aiutarlo il più possibile, di dirgli che ci sarei stata tutte le volte che avesse avuto bisogno di me, perchè sapevo che avrebbe sofferto. In fondo eravamo insieme da una vita.Ma lui non voleva farsene una ragione. Era preoccupatisimo per quello che avrebbero potuto dire in paese, diceva che tutti ormai pensavano che mi sarei sposata con lui. Ero una folle perchè lo avevo lasciato. Mi riempiva di telefonate terribili. Un giorno mi disse, sempre per telefono, che sua zia aveva sognato che, se non fossi tornata con lui, mi sarebbe capitato qualcosa di brutto.
E tu?
Io pensavo che pian piano si sarebbe arreso all’evidenza. E poi io ero presa dalla mia nuova vita di carabiniere, mi stavo realizzando ed emancipando. Avevo un mare di sogni. Il mio futuro, ormai lo avevo ben chiaro, non era con Marcello.
E poi, cosa è accaduto?
Marcello non voleva arrendersi, mi ha perseguitata con le sue insistenze. Fino al 13 gennaio 2006. Quel giorno io ero pronta per recarmi a Roma, da Velletri, con una mia amica, con l’intenzione di un po’ di relax. Mentre ero a metà strada, mi raggiunse una telefonata di Marcello che mi diceva di essere arrivato a Velletri per me e che voleva vedermi. Io, preoccupata del fatto che lui avesse fatto 350 Km di viaggio, intenzionata a chiudere definitivamente con un ultimo chiarimento, anche perché nei giorni precedenti mi aveva assillata in ogni modo,accettai di vederlo. Gli diedi appuntamento in via Camillo, all’Appio, dove c’era la casa di mio padre. Avvisai però il Tenente dei carabinieri di Velletri, che era il mio ufficiale istruttore, di quello che stavo facendo. Lui dapprima cercò di dissuadermi, poi mi consigliò di non incontrarlo in casa, ma almeno in un posto affollato. Volle sapere l’indirizzo dell’appuntamento, anche se io gli dissi di non preoccuparsi. In effetti pensavo di potermela cavare da sola. ..in fondo conoscevo Marcello da una vita.
Quindi ti sei incontrata con il tuo ex...
Purtroppo. E’ stato terribile . Lui insisteva per entrare in casa con la scusa di rinfrescarsi, ma io sono stata irremovibile. Sono rimasta a parlare con lui in macchina.. Ma lui era irremovibile, non ascoltava, sembrava un automa. A quel punto mi sono spaventata e sono corsa verso il portone di casa per chiudermelo alle spalle…ma non sono riuscita a raggiungerlo. Marcello, mi ha impedito di chiudere il portone con un piede e mi ha scaraventata fuori. A quel punto ha estratto una pistola e mentre mi diceva “o mia o di nessun altro”, ha sparato dei colpi, in successione. Io ero a terra ad implorare pietà e cercavo di ripararmi con la mano…Ho sentito qualcuno che gridava:”Fermo!” e poi tre colpi di pistola. Marcello è caduto a terra ferito. Quel qualcuno era il carabiniere di Velletri con cui avevo parlato e che mi aveva chiesto l’indirizzo. Mi ha soccorso, mi ha stretto la mano, mi ha rassicurato ed ha aspettato con me i soccorsi.
Come si chiamava questo carabiniere?
Eccolo quel carabiniere, è lui. E’ mio marito. Peter Forconi Pace.
Rimango a guardarli e mi vien da sorridere. Un sorriso stupito. Quello che Filomena mi ha raccontato sembra la sequenza di un film.
Cosa pensavi in quei momenti?
Ricordo che ero in una pozza di sangue, che non riuscivo a respirare. Ho sussurrato a mio marito: “Sto morendo…”. Non mi sentivo più…Sono stata per giorni e giorni, in ospedale, a lottare tra la vita e la morte. Mi sono salvata, ma purtroppo uno dei colpi di pistola ha intaccato irrimediabilmente la spina dorsale. Da allora vivo in carrozzella.
Che fine a fatto Marcello?
Ha avuto un processo con il rito abbreviato. Gli hanno dato 11 anni e 4 mesi. Ma tra indulto, buona condotta ed altri benefici, la sua condanna è stata di 5 anni e 4 mesi. Pensa che dopo solo 2 anni e mezzo di detenzione nel carcere di Rebibbia, ha avuto una vacanza premio ed è stato in Puglia dai suoi familiari. Tutto a spese di noi cittadini. La giustizia Italiana non funziona. Sono arrabbiata. Non c’è tutela per noi vittime.
Hai paura?
Certo. Chi ci dice che non lo rifaccia di nuovo? Alcuni lo compatiscono per gli anni di carcere. Ma quello che sto passando io, a questo non ci pensano? Lui mi ha condannata all’ergastolo. Perchè io non camminerò più.
Milena è arrabbiata. Sono anni che chiede giustizia e combatte con i familiari di ragazze assassinate e con suo padre e sua madre per chiedere la certezza della pena.
Come è la tua vita oggi?
Non è facile. Ma vale la pena vivere. Vale la pena…Ho al mio fianco mio marito che mi fa fare tante cose. Ho i miei genitori che mi aiutano. Vorrei però tanto che mi riprendessero nell’arma dei carabinieri. Non è giusto che per colpa di un uomo geloso, io non abbia realizzato il mio sogno. Non è giusto…E’ assurdo. Non ho avuto giustizia, perchè il mio carnefice ha avuto una condanna irrisoria ed ho perso il lavoro che amavo.

.

Nessun commento:

Posta un commento