domenica 22 luglio 2012

L'avvocato Piero Lorusso risponde alle dichiarazioni della Cavallo

L’avv. Prof. Piero Lorusso ricorda che la Corte di Giustizia Europea con sentenza in tema di “interesse superiore del bambino” ha affermato che “uno dei diritti fondamentali del bambino è quello, sancito dall’art. 24, n. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, e cioè quello “di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, e il rispetto di tale diritto di identifica innegabilmente  con un interesse superiore di qualsiasi bambino” (Corte di Giustizia CE, sez. III, sentenza 1 luglio 2010, n. c-211/10).
Sulla stessa lunghezza d’onda la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 2647 del 3 febbraio 2011 ha confermato l’orientamento già espresso dalla sezioni unite con la pronuncia n. 21799 del 6 luglio 2010 affermando che “sono da considerare tutte le situazioni che possono provocare qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico derivi o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dell’ambiente in cui è cresciuto”.
L’art. 8 della convenzione europea dei diritti dell’uomo dispone nelle parti pertinenti al caso di specie: “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita (…) familiare (…) Non può aversi ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria (…) per la protezione della salute o della morale o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui”
Per giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia di Strasburgo, per un genitore ed il proprio figlio il fatto di essere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare (Errico / Italia, n. 29768/05, 24.02.2009; Havelka ed altri / Repubblica Ceca n. 23499/06, 34-35, 21 giugno 2007, Kutzner c/ Germania n. 46544/99, 56 CEDU 2002 I) e che le misure interne che glielo impediscono costituiscono un’ingerenza nel diritto tutelato dall’articolo 8 della Convenzione (K. E T. c. Finlandia, n. 25702/94, 151, CEDH 2001-VII)
Una simile ingerenza viola l’articolo 8 che tende essenzialmente a tutelare la persona dalle ingerenza arbitrarie dei pubblici poteri ma crea a carico dello Stato obblighi positivi aventi ad oggetto il rispetto effettivo della vita familiare. Così laddove risulta provata l’esistenza di un legame familiare, lo Stato deve per principio agire in modo tale da consentire a questo legame di svilupparsi deve adottare misure idonee affinchè il genitore possa riunirsi al proprio figlio (Erikkson c. Svezia, 22 giugno 1989, 71, serie A n. 156; Margareta e Roger Andersson c. Svezia, 25 febbraio 1992, 91 serie A n. 226 A; Olsson c. Svezia (n. 2) 27 novembre 1992, 90, serie A no 250; Ignaccolo – Zenide c. Romania,n. 31679/96, 94, CEDH 2000 I, e Gnahorè c. Francia, no 40031/98, 51, CEDH 2000 IX)
Nella fattispecie, è indubbio che l’allontanamento della piccola Arianna dalla figura materna costituiscano una « ingerenza » nell’esercizio del diritto della ricorrente al rispetto della sua vita familiare. La Corte osserva che la misura controversa, basata sugli articoli 330, 333 e 336 del codice civile.
La Corte ha dichiarato numerose volte che l’articolo 8 implica il diritto di un genitore ad ottenere misure idonee a riunirlo con suo figlio e l’obbligo per le autorità nazionali di adottarle (cfr. per esempio, Ignaccolo-Zenide, succitata, § 94, e Nuutinen c. Finlandia, no 32842/96, § 127, CEDH 2000-VIII).

Ed è solo il caso di evidenziare come la Corte di Cassazione con la sentenza del 30.09.2011 n. 19985 ha affermato che il Giudice nazionale deve tener conto delle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ai fini della decisione, anche in corso di causa, con effetti immediati ed assimilabili al giudicato.

In particolare la Suprema Corte, partendo dall’immediata rilevanza nel nostro ordinamento della norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ha affermato che anche la giurisprudenza deve essere applicata con effetto immediato. Pertanto il giudice italiano non può ignorare, nella controversia che è chiamato a decidere, l’interpretazione che delle norme pattizie viene data dalla Corte di Strasburgo, con la conseguenza che, nella realizzazione dell’equo processo ed allo scopo di assicurare la parità effettiva delle armi in senso sostanziale e processuale (art. 111 comma 1 Cost.) il giudice interno, affinchè la sua statuizione risulti aderente alle norme della Convenzione, deve tener conto anche dell’elaborazione del diritto vivente quale proveniente proprio dalla Corte di Strasburgo, che della Convenzione è il più autorevole interprete.

In merito, poi, agli effetti, nell’ambito interno, delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, la Suprema Corte rileva che le sentenze della Corte di  Strasburgo, pur avendo natura dichiarativa, sono precettive alla pari delle norme materiali convenzionali, la cui applicazione non può discostarsi dall’interpretazione che della norma stessa ha dato il giudice europeo.    

E’ opportuno precisare che nel caso della sig.ra Ginevra Pantasilea Amerighi la figlia minore è stata sottratta alla madre ed affidata in via esclusiva al padre che è stato da ultimo rinviato a giudizio dal GUP del Tribunale penale di Roma per risponderei  
- del reato di cui all’art. 572 c.p. per avere con una pluralità di azioni vessatorie sia morali, fisiche che psicologiche, maltrattato l’ex convivente Amerighi Ginevra Pantasilea. In particolare poneva in essere una condotta abituale estrinsecatasi in più azioni (aggressioni, minacce ed ingiurie) che, pur se realizzate in momenti successivi a partire dal settembre 2009, sono risultate collegate da un nesso di abitualità ed avvinte nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità psicologica, morale e fisica dell’ex convivente – con cui ha in corso procedimenti presso il Tribunale per i Minorenni di Roma – a tal punto da rendere particolarmente doloroso e del tutto impossibile la convivenza tanto da costringere l’Amerighi ad allontanarsi dalle abitazioni da loro occupate nel tempo, unitamente alla figlia minore Arianna (nata il 14.09.2009 a seguito della relazione con il Mangifesta) per andare a vivere presso i genitori della donna e segnatamente:
offeso l’onore ed il decoro dell’ex convivente Amerighi rivolgendole espressioni quali:
il 23.09.2010 “sei una madre maledetta” e “non fai un cazzo dalla mattina alla sera”;
il 02.10.2010 “non fai un cazzo tutto il giorno” e “sei una pezzente, una parassita”;
espresso gravi minacce il 24.10.2009 nei confronti dell’Amerighi dicendo di ammazzarla qualora non avesse abbandonato l’abitazione sita in Roma via Fedro n. 66 dove convivevano unitamente alla neonata Arianna (n. 14.09.2009).
- del reato di cui all’art. 81 e 582 comma 2 c.p.c. per aver cagionato volontariamente con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, percuotendola in tempi diversi, all’ex convivente Amerighi le lesioni personali di cui ai referti del P.S. del Policlinico Universitario S. Cuore di Roma:
il 24.10.2009 “Contusione rachide dorso lombare in riferita aggressione, giudicate guaribili in gg. 7 s.c.”
il 21.03.2010 “Contusioni multiple al torace giudicate guaribili in 7 gg. s.c.”
Con decreto del  19/10/2010 il Giudice penale di Roma ha rinviato a giudizio il sig. Fabio Mangifesta, attuale affidatario esclusivo della minore Arianna, per il reato di cui all’art. 582, comma 2 c.p. perché strattonandola per le braccia e colpendola sul seno e sulla schiena, cagionava a Amerighi Ginevra Pantasilea lesioni personali consistite in ecchimosi avambraccio sinistro e contusioni multiple al torace (anteriormente  posteriormente) dalle quali derivava una malattia con prognosi di giorni sette s.c.. Fatto avvenuto in Roma il 21/03/2010.
Finanche alle madri detenute per gravi delitti di sangue si consente l’esercizio del diritto di visita e frequentazione della prole
La dott.ssa Amerighi non ha mai compiuto atti di violenza e/o di abuso nei confronti della figlia minore.
 
 

1 commento:

  1. Questo articolo è del 2012 e ancora Ginevra non può vedere nè sentire neanche al telefono sua figlia, PERCHÉ?

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