martedì 28 agosto 2012

Pierluigi Picchetti ucciso dal suo compagno

Morte Pierluigi Picchetti: D'Amico accusato di omicidio volontario

E' accusato di omicidio volontario aggravato dall'aver agito sotto l'effetto di stupefacenti e dalla 'coabitazione' Giuseppe D'Amico, l'uomo di 35 anni che domenica ha accoltellato a morte il convivente Pierluigi Picchetti, ex attore e pranoterapeuta di 60 anni. E' stato accertato, infatti, che il presunto omicida era sotto effetto di cocaina quando ha colpito l'ex compagno nell'appartamento di via Fleming.

Il magistrato ha chiesto la convalida dell'arresto e la richiesta è arrivata sul tavolo del gip di Milano Alfonsa Ferraro, che dovrà ora fissare la data dell'interrogatorio di garanzia. Da quanto si è saputo, D'Amico - che aveva avuto una relazione con Picchetti durata fino allo scorso aprile e che viveva ancora in casa con lui - nel primo interrogatorio davanti agli investigatori del commissariato di Rho ha confessato di aver ucciso l'ex compagno, con due coltellate, al termine di una lite.
La causa dello scontro pare sia stata la gelosia della vittima. Investigatori e inquirenti, però, stanno effettuando una serie di verifiche per capire anche se D'Amico possa aver agito con premeditazione. Le indagini puntano a ricostruire anche gli eventuali rapporti economici tra i due, tenendo conto del fatto che D'Amico, con precedenti penali, viveva nell'appartamento dell'ex compagno ed era disoccupato.
Annuncio promozionale


Potrebbe interessarti: http://www.milanotoday.it/cronaca/morte-pierluigi-picchetti-giuseppe-d-amico-omicidio.html
Leggi le altre notizie su: http://www.milanotoday.it/ o seguici su Facebook: http://www.facebook.com/MilanoToday

sabato 25 agosto 2012

Sabato di sangue sulle strada pontine

LATINA - Lui è riuscito a lasciare l’abitacolo e a dare l’allarme, l’amico è rimasto ucciso nell’incidente. Lo hanno cercato per ore, alla fine hanno prosciugato il piccolo canale nel quale era finital’auto e hanno trovato il suo corpo senza vita, avvolto nel fango.E’ la tragica fine di una serata fra amici, terminata tra i campi di Borgo Sabotino, dove la Yaris condotta da un ragazzo di 29 anni, risultato positivo al test su alcol e droghe, è finita dopo aver tirato dritto alla leggera curva tra strada Valmontorio e strada Macchiagrande, proprio di fronte al poligono di tiro, a due passi dalla centrale nucleare.

L’auto forse procedeva a velocità elevata, questa la prima ipotesi dei carabinieri. I ragazzi stavano probabilmente tornando a casa, quando il conducente ha perso il controllo del mezzo ed è finito fuori strada.
La Yaris si è capovolta ed è finita nel canale che si trova sul terreno. Erano circa le 4,30 di ieri mattina, il conducente è uscito dall’auto e ha dato l’allarme, dicendo subito che insieme a lui c’era un amico. Di Walter Siviero, 29 anni, però, non c’era traccia. I soccorritori hanno fatto una prima perlustrazione in zona, ma il giovane non c’era. Poche ore dopo i carabinieri e i vigili del fuoco, anche grazie a un trattore che ha ripulito il terreno, hanno setacciato la zona palmo a palmo, quindi hanno deciso di prosciugare il canale. Quando i carabinieri hanno fatto allontanare tutti si è capito che il corpo era stato ritrovato e la conferma è arrivata dallo strazio dei parenti della vittima, arrivati poco prima su strada Macchiagrande. C’era anche l’amico che guidava l’auto, in stato di choc, distrutto per l’esito dell’incidente.
Il corpo è stato recuperato dai vigili del fuoco e affidato al personale della Ifal. La salma è stata portata al cimitero di Latina, dove oggi o domani sarà eseguito l’esame disposto dal magistrato. Per il conducente del veicolo è scattata la denuncia - un atto dovuto in casi del genere - per omicidio colposo. Nella zona del ritrovamento molti curiosi e residenti, i quali hanno segnalato il ripetersi di incidenti all’altezza della curva. «Qui le auto corrono come nulla fosse - dicono - e non c’è illuminazione sufficiente».
E quella di ieri è stata una giornata di incidenti. Il più grave sull’Appia, all’altezza di Borgo Carso. La stilo condotta da Gianluca Tintisona, 37 anni, di Velletri, è finita contro un albero. Secondo una prima ricostruzione della polizia stradale l’auto era in fase di sorpasso quando il conducente ha perso il controllo ed è finito contro un albero. La sua Stilo si è accartocciata sul pino, lui adesso è in ospedale in gravissime condizioni. La prognosi è riservata.
Altro incidente, poi, sulla Pontina all’altezza di Borgo Piave. Due motociclisti coinvolti, uno di 60 e uno di 24 anni. Nello scontro con un’auto hanno avuto la peggio, ma in questo caso fortunatamente si è trattato solo di un incidente spettacolare senza gravi conseguenze per i feriti, ricoverati comunque al «Goretti»

giovedì 23 agosto 2012

Bruciano la madre viva perche' "posseduta dal demonio"

SHANGHAI - Tre fratelli hanno bruciato viva la loro madre dopo che un presunto stregone ha detto loro che era un demone.
Lo riferisce la stampa cinese. I tre fratelli della provincia meridionale dell'Henan, si sono lasciati suggestionare da un uomo che si è auto proclamato 'leggendario' dottore subordinato all'imperatore di giada, regnante taoista del paradiso, chiamato per aiutare a risolvere iproblemi di salute della donna.
Per questo motivo il sedicente stregone ha forzato i tre ragazzi a far bere alla loro madre molto alcool con sangue di maiali, pollo e cani, per far sì che la donna potesse sputare dal corpo il demone che la perseguitava.
Ma la donna è caduta in coma etilico così i figli l'hanno picchiata con dei bastoni per tre ore e poi le hanno dato fuoco in un cimitero. Alla scena hanno partecipato anche alcuni parenti che inneggiavano alla cacciata e all'uccisione del demone che possedeva la donna.
Poche ore dopo, su segnalazione di alcune persone, la polizia ha arrestato il santone, suo fratello, i tre figli della donna e il cognato di questi, accusandoli di omicidio.

mercoledì 22 agosto 2012

Incidente mentre vanno all'Eurodisney. Muore bambino di Otto anni

PARIGI - Un bambino italiano di otto anni, Ettore Cardisco, di Vasto, è morto oggi a Parigi in un incidente stradale. Il bambino era partito con il papà, l'avvocato Roberto Cordisco, la madre e la sorellina alla volta della capitale francese per trascorrere una vacanza al parco Eurodisney. L'incidente, in base alle notizie avute da alcuni parenti e dal municipio di Vasto, sarebbe avvenuto all'interno di un parcheggio. L'auto condotta dall'avvocato sarebbe stata violentemente tamponata da un altro mezzo: il bimbo è morto sul colpo. La salma del bambino è stata ricomposta nell'obitorio dell'ospedale Centre Ospitalier de Lagny sul Marne, comune nella regione dell'Ile-de-France in zona Disneyland, dove è stata trasportata dopo l'incidente mortale: è a disposizione delle autorità francesi che dovranno autorizzarne il trasporto in Italia. La famiglia Cordisco è molto nota a Vasto: il bimbo morto aveva lo stesso nome del nonno, Ettore, ex procuratore della Repubblica di Sondrio originario di Montefalcone nel Sannio (Campobasso) e morto da alcuni anni, mentre la zia Cleonice è magistrato presso il Tribunale di Larino (Campobasso). Il piccolo Ettore frequentava la seconda elementare presso l'Istituto Figlie della Croce a Vasto.

martedì 21 agosto 2012

Pestata a sangue perché incinta di una bambina

Ubriaco ha picchiato la moglie per oltre un'ora, davanti a due figlie minori, di cinque e tre anni, per la sola colpa di non avergli dato un figlio maschio. Protagonista della vicenda è un indiano residente da sette anni nell'alto Garda, in Trentino, e la moglie, connazionale, trentacinquenne al quarto mese di gravidanza. È in attesa di una bambina, la terza figlia, ed ora è ricoverata all'ospedale di Arco con prognosi di 25 giorni, in attesa di ulteriori accertamenti.

L'uomo- secondo la denuncia - sarebbe tornato a casa in stato di ubriachezza e non curante della presenza delle due figlie minori, di cinque e tre anni, ha percosso per un'ora la moglie con calci e pugni. La donna ha atteso che il marito si addormentasse sfinito e ha quindi chiesto aiuto al 112. I carabinieri hanno denunciato l'extracomunitario per il reato di maltrattamenti in famiglia e assicurato le bambine ai servizi assistenziali di Trento, segnalando peraltro alle psicologhe una particolarità: la figlia più piccola si presenta coi capelli cortissimi e vestita da maschietto. Perché così il padre desiderava. Sono stati allertati anche i servizi sociali affinché  le due piccole siano trasferite in una casa protetta per bambini.

venerdì 17 agosto 2012

Verdetto per le Pussy Riot

MOSCA  - Il trio punk della Pussy Riot è stato giudicato colpevole di teppismo motivato da odio religioso.

La lettura del verdetto, da parte del Presidente del tribunale Khamovniki a Mosca, dove si svolge il processo, è tuttora in corso. La sentenza nei confronti della band punk dovrebbe essere pronunciata a breve.

Calca di giornalisti di tutto il mondo davanti al tribunale Khamovniki, a Mosca, per l'attesa sentenza nel processo contro il trio punk Pussy Riot che sarà pronunciata a breve. Lo ha constatato la cronista dell'ANSA sul posto. Blindata la zona intorno al tribunale con una decina di cellulari della polizia e uomini della forza antisommossa; fuori dalla transenne, sostenitori del gruppo, tra cui il blogger anti-Putin Alexei Navalni, ma anche detrattori, tra i quali alcuni militanti del partito liberal-democratico (LDPR) che recano cartelli con la scritta 'Giu' le mani dalla chiesa ortodossà. Rafforzate le misure di sicurezza in tutta la città dove stamani si sono già verificate piccole azioni di protesta con alcuni attivisti sostenitori del gruppo che hanno infilato passamontagna colorati, simbolo della band, sul capo dei monumenti ad alcune glorie russe come il poeta Puskin.

"Gli daranno una condanna vera, senza condizionale". Questa la previsione di un rabbuiato Marc Feigin, avvocato del trio Pussy Riot, al suo ingresso al tribunale Khamovniki, a Mosca, dove a breve sarà pronunciata la sentenza contro la banda rock autrice di una scandalosa "preghiera punk" che potrebbe costare alle tre cantanti fino a 3 anni di galera

In attesa del verdetto nel processo contro il trio rock 'Pussy Riot', previsto oggi a Mosca alle 15 (le 13 in Italia), i sostenitori della band di tutto il mondo hanno in programma una serie di manifestazioni in 30 città, da Parigi a Varsavia. Lo riferisce la Radio Echo di Mosca. Il coordinamento è avvenuto in via spontanea via Facebook e sul sito web freepussyriot.org. A Mosca i fan si riuniranno alle 14 davanti al tribunale di Khamovniki dove si svolge il processo contro il trio autore di una scandalosa "preghiera punk" che potrebbe costargli fino a 3 anni di galera. Attesi volti noti dell'opposizione e politici, sicurezza rafforzata in città per timore di disordini e proteste. A San Pietroburgo, i supporter del gruppo si ritroveranno in un'azione concordata con le autorità cittadine: niente bandiere partitiche, solo lo slogan "per un processo equo". Iniziative previste anche in altre città russe da Perm a Rostov. Dall'altra parte dell'oceano, a New York si svolgeranno cinque cortei a favore della band, che sfioreranno chiese ortodosse e consolato russo per poi convogliare a Times Square dove celebri attori, scrittori e musicisti leggeranno brani tratti dalle ultime parole delle imputate. A Londra scende in campo il teatro della Royal Court; a Vilnius, in Lituania, verrà innalzato un cellulare della polizia gonfiabile da cui si libreranno via capsule piccole mongolfiere a forma di passamontagna; a Praga un festival musicale sarà dedicato alle Pussy Riot. E stamani, a Mosca, un ignoto giovane ha tentato un blitz nella stazione di metropolitana Bielorusskaia: voleva infilare un passamontagna sulla testa delle statue in bronzo dei partigiani che adornano la fermata. Ieri sera, picchetto solitario sulla Neva davanti alla moschea: "Maometto - ferma Putin".

Il caso Pussy Riot non ha mutato il livello di fiducia dei russi nel proprio sistema giudiziario: per la maggioranza (44%) il processo contro le partecipanti del gruppo punk è "equo, obiettivo e imparziale". Lo rivela oggi un sondaggio dell'autorevole Centro Levada, che ha coinvolto 1600 persone in 45 regioni della Russia. Il 36 per cento degli intervistati ha espresso fiducia che la pena sarà applicata in conformità con le prove di colpevolezza. Il 17% esprime invece dubbi sulla corte, il 18% crede che la sentenza deriverà da un ordine dall'alto. Il 12% dichiara di non aver "mai avuto" fiducia nel sistema giudiziario russo. Più della metà (il 57%) ha seguito il processo. Per uno su tre, l'azione della band nella Cattedrale di Mosca alla vigilia delle elezioni presidenziali in Russia era diretta contro la Chiesa e il suo coinvolgimento in politica, piuttosto che contro Vladimir Putin (13%). Solo l'8% ha definito Putin personalmente come l'iniziatore del processo. Ma un altro sondaggio degli stessi sociologi del Levada pubblicato oggi mostra che i russi stanno perdendo fiducia nel proprio presidente, e molti dubitano della sua capacità di influenzare seriamente la situazione nel paese. Il 52% conferma il proprio supporto per le politiche di Putin, rispetto al 57% di maggio scorso; il 57% ha fiducia in lui (a maggio erano 63%). Il 24% esprime la propria "frustrazione", il 25% lo critica. Oggi il verdetto a Mosca: il pubblico ministero ha chiesto per ciascuna delle ragazze tre anni di carcere per "teppismo motivato da odio religioso". Le imputate rifiutano l'accusa rivendicando una "azione politica", ma si sono scusate in aula per l'offesa arrecata ai credenti. Due delle nove vittime le hanno perdonate.

NADIA DAL CARCERE, COMUNQUE E' VITTORIA - "Qualunque sia il verdetto, noi e voi stiamo vincendo. Perché abbiamo imparato ad essere arrabbiati e a dirlo politicamente". Parola di Nadia Tolokonnikova, 22 anni, considerata mente e "sex symbol" delle Pussy Riot, nel giorno della sentenza contro la band punk oggi a Mosca che potrebbe assegnarle 3 anni di galera. In un lettera dal carcere per ringraziare i suoi sostenitori - la sesta da lei firmata, diffusa dagli avvocati della difesa e pubblicata nell'originale manoscritto sul sito della radio Eco di Mosca - la Tolokonnikova, in detenzione preventiva dal 15 marzo, esprime sorpresa per la mobilitazione mondiale a sostegno del suo gruppo: "Trovo ancora difficile credere che tutto questo non è un sogno". E la spiega così: "la nostra detenzione è un segno chiaro e distinto che la libertà è stata sottratta a tutto il paese". A suo avviso, la Russia soffre di un "male politico": la minaccia è "la distruzione della libertà e delle forze di emancipazione del paese". Poi si richiama al femminismo professato dalla band: "Il privato - è politico. E il nostro caso ha dimostrato come i problemi particolari di tre persone accusate di condotta disordinata, possano dare vita ad un movimento politico. Un caso particolare di repressione e persecuzione su chi ha osato prendere la parola in un paese autoritario, ha fomentato il mondo: attivisti, punk, pop star e membri di governi, comici e ambientalisti, femministe e maschilisti, teologi islamici e cristiani, pregano per le Pussy Riot". Infine un riferimento alla filosofia studiata all'università da Nadia: "Kant avrebbe detto che non vede altre ragioni di questo miracolo, se non i principi morali dell'umanità. Grazie per il miracolo". Nel processo iniziato il 30 luglio, la difesa vuole la piena assoluzione e ha promesso di presentare ricorso contro qualsiasi condanna.

giovedì 16 agosto 2012

Timothy Brown il primo uomo guarito dall'Aids

(di Nicoletta Nencioli)

WASHINGTON - Parla con la determinazione di un sopravvissuto davanti alla platea della XIX Conferenza mondiale sull'Aids in corso a Washington, ma con le movenze fragili di chi ha subito tante prove durissime sul proprio corpo: Timothy Brown, l'unico malato di Aids ufficialmente dichiarato curato dal morbo dopo una lunga sequela di pesantissimi trapianti e terapie, ha annunciato oggi la creazione di una Fondazione a suo nome con lo scopo di trovare una cura per tutti. "Sono davanti a voi come l'unico uomo a poter dichiarare di essere guarito dall'Aids - ha detto sorridendo Brown - non sono un concetto astratto, sono un essere umano, ma il mio scopo è dichiarare che sono solo il primo dei molti che verranno liberati dall'Hiv".

Per questo l'uomo che era stato soprannominato il "paziente di Berlino", prima che la sua identità venisse rivelata, insieme alla World Aids Organization mira a devolvere i fondi che verranno raccolti principalmente alla ricerca di terapie d'avanguardia, coraggiose: la storia della guarigione di Timothy d'altronde viene da un'idea occorsa ad un oncologo di Berlino che lo stava curando per la leucemia. Ossia: effettuare un trapianto di cellule staminali su Brown tratte da un donatore che avesse una mutazione genica nota per resistere all'infezione con il virus Hiv. Timothy era infatti sieropositivo dal 1995 e dal 2006 era stato colpito da leucemia acuta mieloide: la visionaria teoria funzionò e oggi, 5 anni dopo il primo trapianto di staminali ricevuto, Brown è completamente libero dal virus Hiv.

"Sono qui per insistere, per dichiarare che dobbiamo combattere sino a che si trovi la cura per l'Aids - ha declamato l'ex paziente di Berlino - bisogna avere il coraggio di sperimentare e seguire strade originali come è stato nel mio caso, non dobbiamo accontentarci di ciò che la scienza ci presenta come terapia consolidata. E anche puntare ad un sistema sanitario che permetta questa possibilità". Nella sua prima conferenza stampa americana per riuscire a fare di "questa XIX Conferenza mondiale sull'aids la conferenza della cura", Timothy ha ribadito per fugare ogni equivoco apparso sulla stampa:"non prendo un medicinale anti-Aids da 5 anni e non c'é traccia del virus Hiv nel mio organismo. Sì sono un miracolo, ma sono la speranza vivente che ciò può accadere".

martedì 14 agosto 2012

Incidente mortale muore papa' e figlia

Martedi 14 Luglio
Erano circa le 7.30 di questa mattina, quando la famiglia di Torino, che viaggiava sull'A1 fra Piacenza e Parma, decide di fare una sosta per fare colazione in autogrill presso l'area di servizio di Fiorenzuola. Il papà mette allora la freccia e si immette con la sua Fiat Punto nella corsi di decelerazione che immette nell'area di sosta. alle sue spalle però, a velocità sostenuta, sopraggiunge un furgone che centra in pieno la loro auto: i due mezzi volano per aria, e riatterrano entrambi ribaltati. L'urto è violentissimo, e il padre muore sul colpo, stritolato dalle lamiere, mentre la figlia più grande, una bambina di soli 10 anni, viene sbalzata fuori dal finestrino andando a sbattere sull'asfalto, poco distante: sopravviverà al papà solo pochi minuti, poi il suo piccolo cuore smetterà di battere. La sorellina e la mamma invece, nonostante le ferite riportate, non sono in pericolo di vita, come l'autista del furgone, e vengono soccorse dalle ambulanze chiamate immediatamente sul posto. Sul luogo della tragedia sono inoltre intervenuti l'elisoccorso, i vigili del fuoco e, per i rilievi, le pattuglie della polizia stradale di Guardamiglio.

domenica 12 agosto 2012

Perugia scandali sessuali nella comunita' ecclesiastica

Perugia - Non sembrano esserci limiti allo scandalo sessuale che ha travolto la comunità ecclesiastica umbra. Don Lucio Gatti è stato sospeso per cinque anni per l'accusa di violenza sessuale. Stando alle nuove indiscrezioni sarebbe indagato anche Agostino Cruciani, 35 anni, di Foligno, in qualità di viceresponsabile della Comunità Caritas di Massa Martana. Avrebbe costretto un giovane nigeriano, ai domiciliari presso la struttura, a subire atti sessuali. Palpeggiamenti al corpo e nelle parti intime con frasi scabrose dai chiari riferimenti sessuali. Fatti avvenuti più volte tra luglio e novembre 2011. Le vittime sarebbero diverse: un umbro, un calabrese, due africani e un rumeno, tutti tra i 25 e i 35 anni, la maggior parte con problemi di tossicodipendenza o di criminalità tanto da essere stati detenuti agli arresti domiciliari nelle strutture gestite da don Gatti e, in particolare San Fatucchio e Massa Martana.

sabato 11 agosto 2012

Uccise Suor Maria Mainetti. Oggi accompagna sorella all'altare

Milano, 11 ago. (Adnkronos) - Nel 2000 uccise, insieme a due amiche, suor Maria Laura Mainetti, pochi giorni fa Milena ha fatto da testimone alla sorella che si e' sposata nella piccola chiesa di Mese, in provincia di Sondrio, non lontano da Chiavenna, il luogo del delitto del 6 giugno di 12 anni fa.
10 ANNI FA  L’OMICIDIO SATANISTA DI SUOR LAURA MAINETTI













Per non dimenticare   il 6 giugno 2000, suor Maria Mainetti venne uccisa da tre ragazze che allora avevano  diciassette anni. La religiosa che faceva parte dell’Istituto delle Figlie della Croce di Sant’Andrea e superiora dell’istituto “Immacolata” era nata a Colico in provincia di Lucca il 20 agosto 1939 ed era suora dal 25 agosto 1964 e per tutta la vita si era dedicata all’insegnamento. La suora  conosciuta da tutti per la sua bontà e per la sua carità, è stata colpita da diciannove coltellate in una stradina all’imbocco del Parco delle Marmitte dei Giganti. Si è trattato di un vero sacrificio esame dedicato al diavolo. Le tre ragazze, infatti, erano appassionate di esoterismo e rock satanico. Nei loro diari gli inquirenti hanno trovato immagini e i testi delle canzoni di Marilyn Manson e poi simboli diabolici come la crocfe rovesciata e il “sei sei sei”, numero biblico dell’Anticristo. La suora  ...
... era una persona disponibile, sempre pronta a correre in aiuto di chi era in difficoltà. La sera del delitto, una delle ragazze le telefonò fingendosi disperata perché era rimasta incinta dopo aver subito una violenza sessuale in famiglia e le chiese un incontro, ma era una trappola.
La religiosa è stata convinta a recarsi in una zona isolata, in mezzo al bosco, e il giorno dopo è stata ritrovata in una pozza di sangue, trafitta da diciannove coltellate al volto, alla gola e al torace.
Durante gli interrogatori, le tre ragazze hanno rivelato che a “Satana sarebbero bastate diciotto coltellate”. Sei colpi per una, in modo da comporre il diabolico numero “sei sei sei”. Ma il colpo dato in più, secondo le giovani, avrebbe rovinato il rito.
Le ragazze hanno raccontato che suor Maria Laura, mentre riceveva le coltellate, era in ginocchio e pregava a mani giunte. Le sue ultime parole sono state: “Signore perdonale”, mentre le ragazze continuavano a trafiggerla e a insultarla: “Muori, bastarda”.
La cosa più inquietante è che le diciassettenni, per rafforzare quel folle patto, hanno compiuto una serie di riti satanici. Uno, in particolare: ognuna delle tre assassine si è procurata una ferita, alla mano o al polso, per raccogliere un bicchiere di sangue da bere come eterno giuramento e dono di vestizione nel nome di Lucifero. La notizia della morte di suor Maria Laura Mainetti è stata diffusa da Radio Vaticana e l’episodio ha suscitato tanto stupore e commozione per il martirio di questa suora.
In occasione dell’omicidio della suora, don Agostino Clerici, direttore del settimanale della Diocesi di Como, in un articolo ha scritto: “Il satanismo trova spazio laddove vien meno la religiosità; la maleducazione troneggia dove manca l’educazione; il male serpeggia quando gli spazi del bene sono ridotti al lumicino. La cultura del nulla è un’atroce utopia: il nulla, infatti, non esiste; quando c’è il nulla, di fatto c’è già il male. Tutto è ancora più drammatico in quell’età in cui ai “lutti” dell’infanzia dovrebbero sostituirsi le “nascite” della vita adulta.
L’adolescente ha bisogno di essere amorevolmente e tenacemente educato al sacrificio. Solo il sacrificio partorisce il bene. Oggi lo si rifugge, in una società dell’avere che lasci trasparire sempre più la povertà dell’essere.
E se il sacrificio non conduce ai valori, il suo posto è preso fatalmente da un protagonismo malsano. La noia occupa un vuoto di ideali. E il gioco è un gioco… di morte. È accaduto a Chiavenna”. Oggi, Ambra, Milena e Veronica, le tre assassine della suora sono in libertà.  Nel luogo del martirio di suor Laura, che è divenuto meta di pellegrinaggi, è stata posta una Croce in granito dove è stato inciso il motto evangelico: “ Se il chicco di grano muore, porta molto frutto”. Nel decimo anniversario del barbaro assassinio è stata inaugurata una casa di accoglienza della Caritas che porta il nome della suora che ha speso tutta la sua vita nell’educazione dei ragazzi.

Due giovani rubano un auto e muoiono

USTICA - Un gioco per movimentare una notte d'estate finito in tragedia. Due ragazzini di Ustica, di 13 e 14 anni, attorno alle 22 di ieri hanno messo a segno una bravata: rubare un'auto ma solo "per fare un giro", ma poi l'inesperienza ha fatto il resto. I due sono caduti in mare dalla banchina del porto di Ustica e sono morti. La procura di Palermo ha aperto un'inchiesta per accertare la responsabilità, ma pare che non sarà effettuata autopsia e i funerali dei giovani potranno svolgersi già domani. Il sindaco ha proclamato in occasione delle celebrazioni il lutto cittadino.

SOCORSI IMMEDIATI I ragazzini, Bartolomeo Ricciardi, figlio di un dipendente comunale di Ustica, e Sta Fedi, di origine tunisina. hanno preso la Panda di un pensionato di Ustica e hanno perso il controllo del veicolo mentre viaggiavano lungo la banchina. Sono immediatamente intervenuti i sommozzatori della società «Diving Barracuda» che sono riusciti a estrarre i corpi dei minorenni dall'auto. I due erano già morti per annegamento. I carabinieri e la Capitaneria di porto hanno avviato le indagini per ricostruire la dinamica dell'incidente.

SOLO UN GIOCO Secondo la ricostruzione della Guardia medica di Ustica i due ragazzini sono saliti sulla Panda dopo averla trovata con le chiavi inserite nel cruscotto. Dopo aver percorso un breve tratto di banchina al porto, hanno perso il controllo del mezzo e sono finiti in mare. L'auto giace capovolta a pochi metri dalla riva, in un fondale di non oltre 5 metri. Il ragazzo tunisino è figlio di un immigrato che lavora da anni come artigiano ad Ustica, l'altro è figlio dell'autista dell'ambulanza della Guardia medica dell'isola.

"HANNO CERCATO L'ARIA" «Erano nel portabagagli posizionato verso l'alto rispetto al fondale, forse in cerca di una bolla d'aria». Questo il racconto del soccorritore che ha estratto i corpi dei due ragazzini appena quattordicenni di Ustica, finiti in mare, nel porto dell'isola, con un'auto per una 'bravatà intorno alle 22 di ieri sera. È stato Fabrizio Catalano, 27 anni di Palermo, istruttore subacqueo, e uno dei titolari del Barracuda Diving Ustica, a immergersi sul luogo della tragedia e a tirare fuori i due ragazzini incastrati nella Panda parcheggiata sul molo con le chiavi inserite. «Stavamo tornando da una immersione notturna quando, al rientro nel porticciolo, quello più interno, per le piccole imbarcazioni, abbiamo visto lampeggianti e abbiamo sentito richieste di aiuto. Abbiamo girato il gommone verso il molo più esterno dove attracca l'aliscafo, mi sono rimesso l'attrezzatura e mi sono precipitato sott'acqua - racconta Catalano - saranno passati al massimo otto minuti dal momento dell'incidente. Ho visto l'auto sottosopra con il cofano verso il basso e il portabagagli verso l'alto, Il lato del passeggero ridossato alla banchina». Nell'auto, secondo il racconto del subacqueo, non c'era traccia di alcolici. In un minuto i corpi erano sulla banchina ma gli esperti istruttori, abilitati anche al soccorso, hanno capito da subito che i polmoni erano pieni d'acqua. Dalla posizione dell'auto si ipotizza che la caduta sia avvenuta in retromarcia. Il possessore dell'auto viene sentito in queste ore dai Carabinieri.

"UN DRAMMA INIMMAGINABILE" Non si danno pace i genitori dei due ragazzini appena quattordicenni, che avevano finito le scuole medie, morti dopo essere finiti nel mare di Ustica con un'auto per una 'bravatà. «Un dramma inimmaginabile. Non c'è una spiegazione», dicono dalla comunità che ha assistito tutta la notte i genitori dei ragazzi nella camera ardente allestita al Comune. «Per ora - ha detto il vicesindaco Giuseppe Caminita - le notizie sono frammentate. Non si sa se abbiano messo in moto l' auto o abbiano tolto il freno. Fino a 15 minuti prima erano a casa e poi, intorno alle 22, la tragedia». I ragazzi dopo essere stati estratti dall'auto, sono stati portati in camera iperbarica ma non c'è stato niente da fare. Le famiglie «sono persone umili, tranquille», racconta Caminita. I genitori del ragazzo di origini tunisine, hanno espresso la volontà di riportare la salma nel loro Paese. Il sindaco di Ustica, Aldo Messina, sta rientrando sull'isola da Palermo e dichiarerà il lutto cittadino.

mercoledì 8 agosto 2012

Non vedente tenta abuso. Valore Donna interviene

http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&frm=1&source=web&cd=3&ved=0CFoQFjAC&url=http%3A%2F%2Fwww.latinanotizie.it%2Farticolo.php%3Fid%3D24621&ei=0XciUMuTPMPStAaHuYDoBg&usg=AFQjCNG3HpKaAYqRxT6BkhVpGPMdqT2chgTentato stupro, atti di libidine violenta e violenza sessuale; queste
le accuse per un 72enne di Cisterna di Latina, non vedente, che aveva
bisogno di un accompagno. La vittima e' una giovanissima ragazza
diplomata, di buona famiglia, che da soli 5 giorni aveva iniziato il suo
servizio di assistenza presso il domicilio dell'uomo. Di ritorno da una
delle uscite, l'uomo all'interno dell'ascensore di casa, usava violenza
reiterata nei confronti della ragazza tentando lo stupro. La donna si e'
rivolta alla associazione Valore Donna e all'avvocato Piero Lorusso per
agire penalmente nei confronti dell'uomo. L'avvocato Piero Lorusso ha
dichiarato: "purtroppo e' uno degli ormai frequentissimi episodi
di violenza ai danni delle donne in una situazione di emergenza nazionale
che stenta a trovare una efficace risposta istituzionale sia sotto
il profilo della prevenzione sia sotto I'll profilo della repressione".
Valentina Pappacena, presidente dell'associazione Valore Donna, ha
assicurato che garantirà l'assistenza legale alla donna vittima della
violenza. L'associazIone Valore Donna intende portare avanti le battaglie
iniziate con la sua istituzione. Valentina Pappacena in particolare, ha
ribadito "la volontà di dare una risposta concreta ai bisogni di tante
donne che si trovano a dover affrontare da sole problemi di separazione,
violenze in famiglia, abusi sui figli e stalking".

martedì 7 agosto 2012

Bimbo disabile abbandonato in un parcheggio

Un bimbo di circa 4 anni, di etnia cinese e con problemi di disabilita' e' stato abbandonato all'interno di un parcheggio del Mc Donald's lungo la Statale Adriatica nel Fermano. La polizia è intervenuta a seguito della chiamata di alcuni cittadini, che avevano notato il bimbo aggirarsi da solo piangendo disperato nel piazzale. Considerate le particolari condizioni psicomotorie del piccolo, e accertato che non aveva nulla indosso per verificare la sua vera identita', il bambino e' stato accompagnato al pronto soccorso dell'ospedale di Fermo dove gli sono riscontrati handicap visivi, uditivi e vocali.Il bambino, che risulta ben curato, indossava una maglietta a maniche corte bianca, pantaloni corti jeans e scarpe da trekking aperte estive. E' stato sottoposto a visita medica da personale specialistico pediatrico, con l'assistenza di una interprete di madre lingua cinese, a seguito della quale, accertata la sua incapacità di parlare il bimbo e' stato temporaneamente trattenuto nel reparto pediatrico del presidio sanitario locale. E' stato richiesto il supporto del sindaco di Porto San Giorgio, Nicola Loira, per l'affidamento e la successiva collocazione del bimbo in un'adeguata struttura. Da veloci accertamenti nella locale comunita' cinese non e' emersa la presenza di un bimbo con le sue caratteristiche, il che lascia supporre che sia stato volontariamente abbandonato da qualcuno di passaggio, vista anche la vicinanza del casello autostradale, un po' come di solito avviene con i cani durante le vacanze estive. Del fatto e' stata informata la Procura della Repubblica dei Minorenni di Ancona che coordina le indagini

lunedì 6 agosto 2012

5 Agosto 1945

La mattina del 5 agosto 1945, poche ore prima dell'alba, il quadrimotore B-29 "Enola Gay" (nome della madre del pilota, il ventinovenne Paul W. Tibbets) si alza in volo da Tinian con a bordo 12 uomini di equipaggio e un unico ordigno bellico, che risulterà decisivo per la sorte del Giappone: una bomba atomica, denominata dagli statunitensi "Little boy". Lungo tre metri, con un diametro di uno e mezzo e un peso di cinque tonnellate, non ha un bersaglio preciso: verrà deciso al momento, secondo le condizioni atmosferiche. Arriva il bollettino meteorologico: "a Kokura cielo coperto in prossimità del suolo per nove decimi; a Nagasaki coperto totalmente; a Hiroshima quasi sereno, visibilità 10 miglia" Il bersaglio è scelto. L'aereo sorvola la zona a 10.500 metri di altezza e alle 8.15'17" viene sganciato l'ordigno. Tibbets scende in picchiata, guadagna velocità, vira di 180 gradi e si allontana. Ha 45 secondi di tempo. L'equipaggio conta sottovoce: "44, 43, 42, 41...". Un lampo abbaglia il cielo. "Cosa abbiamo fatto?". A 600 metri dal suolo la bomba esplode; dopo 7 secondi il silenzio è rotto da un tuono assordante: vengono distrutti tutti gli edifici nel raggio di tre chilometri, 30.000 persone muoiono sul colpo, altre 40.000 nel giro dei due giorni seguenti. Una colonna di fumo si alza lentamente a forma di fungo fino a 17.000 metri dal suolo. Inizia a cadere una pioggia viscida. I fiumi straripano ed invadono ciò che rimane della città giapponese. Alle 14.58 locali il B-29 di Tibbets atterra a Tianin. Ha segnato in modo indelebile la storia mondiale, ha lasciato un'impronta che rimarrà a lungo.
Come si è giunti ad una così drastica decisione? La risposta va ricercata nella visione del mondo del dopoguerra che gli USA (o perlomeno chi li guidava) avevano sviluppato già prima del conflitto stesso, intuendo i grandi vantaggi che avrebbero potuto trarre da esso. Dopo l'attacco giapponese a Pearl Harbor, gli Stati Uniti decisero di entrare in guerra a fianco degli alleati. Quando però viene il momento di sottoscrivere un documento ufficiale, Roosevelt chiede che venga firmato con la sigla "le Nazioni Unite". L'idea che il presidente aveva di questo organismo era completamente differente dal ruolo che essa svolge al giorno d'oggi. Egli infatti vedeva l'ONU come un organismo oligarchico formato da quattro potenze (USA, Gran Bretagna, URSS e Cina) che avrebbero avuto il compito di controllare il resto del mondo. La proposta incontrò però una vivace resistenza sia Londra che a Mosca, che avrebbero preferito una serie di organizzazioni regionali che, per forza di cose, avrebbero dovuto trovarsi nella sfera d'influenza di una di queste potenze. Entrambe finirono per accettare lo schema proposto dagli Stati Uniti, ma solo per causa di forza maggiore. La situazione economica all'interno degli Stati Uniti aveva infatti cominciato a cambiare intorno al 1938: gli industriali e i banchieri che dapprima, contrari ai piani di Roosevelt riguardo all'economia interna, avevano cercato in tutti i modi di contrastarlo per salvaguardare i propri interessi, osservando l'evolversi della situazione in Europa, con il nazismo che diventava sempre più aggressivo e acquisiva sempre maggior potere, decisero poi di cambiare radicalmente la situazione del loro capitalismo. L'industria americana, iniziando infatti a prendere coscienza del fatto che le si stava presentando l'occasione irripetibile di ereditare le prerogative imperiali di Inglesi e Francesi, decise di sfruttare la grande influenza che il presidente aveva sulla massa per i propri interessi.
A quel tempo il presidente in carica aveva il potere di eleggere, senza dover ottenere l’approvazione del senato, circa 2.700 persone tra funzionari e persone alle dipendenze dirette della Casa Bianca. Così i membri del Council on Foreign Relations, associazione dei più importanti banchieri, industriali, studiosi e uomini d’affari, poterono investire queste cariche, soprattutto nel ministero degli esteri, che mancava di esperienza e specializzazione, e che quindi era il posto adatto per i "tecnici" di Wall Street, riuscendo nel loro scopo di entrare nel controllo del paese. Nel 1939 si stipulò addirittura un contratto con il quale il Council si impegnava a fornire un gruppo di esperti e specialisti, prevedendo un futuro intervento degli U.S.A. nel conflitto mondiale. Si istituirono quattro gruppi di pianificazione strategica: uno per la sicurezza, uno per l’economia, uno per la politica e uno per i territori. Gli Stati Uniti si preparavano a sostituire l’Inghilterra nel dominio del mondo. Negli appunti del sottocomitato per la difesa del Comitato del Council si legge: "Gli Usa devono coltivare la visione di una regolamentazione del mondo, dopo questa guerra, che ci permetta di imporre le nostre condizioni, consistenti forse in una Pax Americana".
Gli Stati Uniti si ponevano quindi lo scopo di, eliminati il fascismo e il nazismo, formare una specie di impero, pensiero probabilmente non radicato nella massa, ma certamente nella classe dirigente. Col passare del tempo quindi il Council fu assorbito quasi interamente dai dipartimenti di Stato, fino a vedere nella potenza militare l’unico modo di attuare i propri scopi espansionistici.

L'ordigno nucleare usato nell'attacco ad Hiroshima

Così la formazione delle Nazioni Unite entrò nella strategia statunitense. Prova dell’avvenuto unificamento tra potere politico ed economico può essere il fatto che il governo, per la produzione di tutto il necessario all’entrata in guerra del paese, si affidò esclusivamente ad industrie private. La scelta di questa strategia non fu però esente da scontri tra gli stessi membri del Council e del governo, dapprima solo nei corridoi, poi anche in Senato. Il pensiero basilare era però radicato nelle menti di tutti: l’investimento bellico passò nel giro due anni da 8.400 milioni di dollari nel ’41, a quasi 100.000 milioni l’anno dopo. Iniziò così anche un trasferimento di ricchezze dalle casse pubbliche a quelle private. L’invenzione della bomba atomica poté così essere utilizzata anche dall’industria americana, sia per scopi pacifici che per scopi bellici. Una volta dimostrata la possibilità di sfruttamento economico dell’arma nucleare, tutte le principali compagnie ed industrie vollero metterci le mani. Così si decise per una divisione tra le varie industrie della produzione dei vari materiali necessari a realizzare la bomba. L’unica fonte di uranio allora conosciuta era però il Sudafrica, che allora era sotto il dominio inglese: gli Stati Uniti dovettero quindi includere da subito l’Inghilterra nell’organizzazione della produzione della bomba atomica. Gli accordi fra governo e industria portarono quest’ultima a controllare, attraverso l’Atomic Energy Commission, creata originariamente dal governo per controllare lo sviluppo e i guadagni dell’energia atomica, ma passata appunto subito sotto la sua influenza, tutta l’industria nucleare, finendo per monopolizzarla.
Lo sviluppo della bomba e i possibili guadagni provenienti da essa, insieme alla ormai radicata convinzione del futuro dominio degli U.S.A. sul mondo, fecero nascere l’idea che le Nazioni Unite sarebbero dovute essere il mezzo per dare il via all’espansione degli States. La posizione presa durante la guerra, e le innumerevoli risorse di mezzi e uomini a disposizione fecero sì che gli U.S.A. mantenessero una posizione sempre un gradino più in alto anche dei loro alleati, così che questi, già provati dalla guerra, non potevano nemmeno provare a cercare di fermare quell’impero che si stava creando, pur essendone, in parte, a conoscenza .

L'ordigno nucleare usato nell'attacco a Nagasaki

Roosevelt decise quindi di proporre a Churchill un piano per la formazione dell’ONU, che sarebbe servito a dividere il mondo in quattro sfere di influenza, sotto il controllo di U.S.A., Inghilterra, Francia e Cina: egli dava infatti per scontato che Mao Tse-Tung non sarebbe mai riuscito ad imporsi e che la Cina sarebbe rimasta anche dopo la guerra dalla sua parte. Churchill non era però d’accordo, ed insisteva invece perché fra le grandi potenze fosse inclusa anche la Francia. I "gendarmi" del mondo furono così cinque e Churchill si impegnò per fare accettare questo schema anche ai sovietici. Durante la conferenza di Yalta Stalin espresse i propri dubbi riguardo al progetto degli statunitensi, temendo che potesse diventare un futuro strumento contro lui e la sua Russia. Ognuna delle tre potenze intendeva comunque rimanere al di sopra delle Nazioni Unite, che avrebbero inevitabilmente posto numerosi limiti ai loro disegni. Il 13 aprile del 1945 sopraggiunge però la morte del presidente statunitense Roosevelt. Il comando passa al vicepresidente Truman, che il 26 giugno, dopo la conferenza di S.Francisco, firma insieme a tutti gli stati del mondo allora definibili tali, con l'esclusione di Germania e Italia, la Carta dell'ONU. La Carta, condannando la violenza bellica fra vari stati, dava all'ONU il compito di mantenere la pace, e sottolineava l'uguaglianza di tutti i popoli. Questo era però l'aspetto esteriore: in pratica la Carta esprimeva una legge dettata dagli Stati Uniti che avrebbero punito chiunque vi si fosse sottratto. Si dava agli altri quattro "gendarmi" previsti in precedenza un potere maggiore, in quanto erano gli unici che non avrebbero potuto essere dominati dagli Usa.
Il 17 luglio si aprì la conferenza di Postdam tra i vincitori della guerra in Europa, e i calorosi rapporti tra Churchill, Truman e Stalin sembravano indicare una futura armonia tra le tre grandi potenze. Il presidente statunitense aveva però già ricevuto il telegramma "il bimbo è nato in modo soddisfacente", che indicava il successo degli esperimenti atomici nel New Mexico. Dal '42 si lavorava infatti segretamente per la produzione dell'arma e solo Gran Bretagna e Canada ne erano al corrente. Si era infatti deciso di tenera la Russia all'oscuro di tutto: la bomba doveva infatti dimostrare all'alleato sovietico la superiorità dell'occidente. Questa decisioni suscitò violente critiche tra i pochi al corrente del progetto, ma Churchill e Roosevelt restarono della stessa opinione. Si attendevano i dati relativi all'ordigno, ma non si poteva sfigurare davanti all'opinione pubblica con una spesa di più di due miliardi di dollari senza alcuna conseguenza effettiva.
Si prese quindi la decisione definitiva: utilizzare l'arma appena possibile. Nella conferenza di Yalta Stalin fu convinto ad entrare in guerra contro il Giappone subito dopo la fine della guerra in Europa, ma non venne a conoscenza del piano statunitense. Quando Truman passò al potere, non sapeva nulla di questo progetto, e confermo le decisioni prese da Roosevelt riguardo all' atomica. A Postdam seppe da Stalin che il Giappone aveva chiesto la pace, ma si oppose fermamente a questa decisione. Voleva infatti dimostrare a tutto il mondo ma soprattutto al Stalin quale fosse la reale potenza degli Usa. Come disse poi Churchill, il presidente cambiò però il suo modo di fare con i russi: aveva infatti saputo quale era la spaventosa potenza dell'arma che era stata sviluppata, in grado di mettere in ginocchio il mondo.

Il risultato del bombardamento nucleare su Hiroshima

Il 24 Truman ordinò di sganciare le bombe, poco dopo averne fatto un cenno a Stalin. Questo però non sembrò meravigliato: i suoi servizi segreti tenevano sotto controllo lo sviluppo dell'arma già dal '42 ed egli non voleva parlare delle ricerche sovietiche sulla stessa. Il presidente statunitense però, tornato in paria, diede l'ordine di prepararsi ad una guerra totale con la Russia, intuendo già quello che sarebbe accaduto. La guerra che prima vedeva U.S.A. e U.R.S.S. contro il Giappone per la vittoria definitiva di una guerra già vinta, si stava trasformando in un conflitto tra Stati Uniti e Russia, tra due blocchi politicamente e ideologicamente contrapposti, per il dominio del mondo. Il 6 agosto 1945 la prima bomba atomica fu quindi sganciata sopra Hiroshima. Aveva una potenza pari a 12,5 chilotoni di TNT, al nucleo di uranio. Tre giorni dopo un'altra bomba di una potenza quasi doppia, con un nucleo di plutonio, fu sganciata su Nagasaki. Nel giro di cinque mesi morì un totale di 230.000 persone, tra morti all'istante e dopo più tempo, per via delle radiazioni nocive che la tremenda arma aveva sprigionato. Quando ciò venne fatto sapere, i capi militari statunitensi si mostrarono sorpresi: non si può sapere se essi davvero ignoravano le conseguenze dell'utilizzo della bomba o se agirono con cinismo, pur conoscendo l'effetto delle radiazioni che continuarono a mietere vittime per decenni. Truman, quando i dati relativi ai danni provocati dalla bomba gli furono comunicati, disse: "E' il più grande giorno della storia". In un comunicato affermava che le bombe erano state utilizzate per salvare la vita di 500.000 soldati americani, e che non erano altro che un avvertimento per il Giappone: se non si fosse arreso, altre bombe sarebbero cadute. Sottolineava inoltre come Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, che possedevano la formula per realizzare la bomba atomica, non l'avrebbero rivelata al mondo finché non si fosse scongiurato il rischio di una distruzione totale. Affermava poi: "Siamo in grado di dire che usciamo da questa guerra come la nazione più potente del mondo. La nazione più potente, forse, di tutta la storia".

L'immensa nube di fumo provocata
dall'esplosione della bomba nucleare

Ci si è sempre però chiesti se l'utilizzo delle due bombe e l'uccisione di 300.000 persone erano militarmente necessari. Gli U.S.A. avevano infatti già ricevuto una richiesta di pace da parte del Giappone e i rapporti dell'aviazione affermavano che lo stato nipponico si sarebbe arreso certamente entro la fine dell'anno anche senza che si dimostrassero necessari lo sgancio dei due ordigni o le invasioni sul territorio giapponese. Questi rapporti smentiscono completamente il messaggio di Truman. Chi era quindi il vero destinatario della bomba? Le previsioni degli attacchi di terra già programmati ai danni del Giappone davano perdite non superiori a 40.000 uomini, ma il presidente continuò a gonfiare le cifre. Molti scrittori, nei loro saggi sull'energia atomica, avevano affermato l'inutilità militare del provvedimento definitivo. Nel '45 il timore di vedere la Germania vittoriosa non esisteva più e il Giappone era sul punto di arrendersi e gli U.S.A. avevano utilizzato le uniche due bombe di cui erano a disposizione con una fretta ingiustificabile. I più autorevoli scienziati statunitensi avevano inoltre ammonito il presidente di non utilizzare la bomba contro civili. Perché il presidente aveva agito comunque? Alcuni scrittori danno come motivo il fatto che Stalin si era impegnato ad attaccare il Giappone per l'8 agosto. Era chiaro che se la Russia fosse riuscita a scontrarsi vittoriosamente con il Giappone finche gli Stati Uniti erano fermi a Okinawa, ne avrebbe ricavato un grande prestigio internazionale, a danno degli Usa. Così, sganciate le due bombe, l'attacco russo riuscì, ma passò inosservato, a causa del clamore provocato dall'utilizzo della bomba nucleare. Cousins e Finletter danno un'interpretazione "americana" dell'accaduto dicendo: "Agendo così, abbiamo evitato una lotta per ilcontrollo effettivo del Giappone... Se noi non fossimo usciti dalla guerra in netto vantaggio sulla Russia, non avremmo avuto nessuna possibilità di opporci alla sua espansione". Si arriva così a dire che il lancio delle bombe può già essere considerato il primo atto della guerra fredda. L'idea di utilizzare la bomba atomica come arma contro l'U.R.R.S. era nata già prima della fine della guerra, poiché gli U.S.A. avevano già intuito ciò che sarebbe successo.

Un orologio fermatosi dopo
il bombardamento atomico

Il resoconto dei giornalisti giunti sul luogo del disastro prima dell'arrivo degli americani scrivono che tutti i feriti erano destinati a morire, che le radiazioni facevano morire più di 100 persone ogni giorno. Il giornalista W. Burchett, nel suo rapporto ai sovietici, scrive: "Gente non toccata dal cataclisma sta morendo ancora, misteriosamente, orribilmente... Hiroshima fa pensare ad una città sulla quale sia passato un enorme rullo compressore che l'abbia stritolata, annientata per sempre... Negli ospedali ho scoperto persone che, pur non avendo ricevuto alcuna ferita al momento dell'esplosione, stavano tuttavia morendo per i suoi misteriosi effetti". La stampa americana replicò più volte sottolineando che non c'era radioattività ad Hiroshima e dicendo che la propaganda del Giappone era volta soltanto a danneggiare gli Stati Uniti davanti all'opinione pubblica. L'esplosione della bomba non suscitò un grande clamore a Mosca: i principali quotidiani la nominarono soltanto, e non parlarono neppure di quella di Nagasaki. Solo giorni dopo accusarono la propaganda statunitense di voler sminuire il ruolo della Russia nella vittoria definitiva della guerra. Quando però le informazioni sugli effetti della bomba giunsero negli States, i militari si organizzarono subito per bloccare questa fuga di notizie. Chiusero l'accesso ai luoghi delle due stragi, sequestrarono tutto il materiale informativo, fecero chiudere alcuni laboratori e ospedali che si occupavano di studiare gli effetti della strage. Un reparto medico dell'esercito giunse ad Hiroshima per studiare questi effetti; ancora adesso, a 55 anni di distanza, si stanno curando persone affette dalle conseguenze del bombardamento. Questa politica di oblio funzionò perfettamente e la questione passò in secondo piano.
Nonostante il generale Eisenhower avesse annunciato che la bomba nucleare non sarebbe più stata usata come mezzo d'attacco, la politica militare degli Stati Uniti stava cambiando: secondo i rapporti di alcune riunioni segrete "gli Stati Uniti hanno potuto fino ad ora attenersi ad una tradizione di non colpire mai fino a che non fossero attaccati. Per il futuro, la nostra forza militare dovrà essere capace di sopraffare il nemico e di annientare la sua volontà e capacità di fare guerra prima che possa infliggerci un danno significativo". Ci si preparava, quindi, a dover scatenare una guerra contro l'U.R.R.S. prima che quella potesse organizzarsi per farlo per prima. Era già stato preparato un piano che prevedeva la distruzione di venti città russe con un attacco a sorpresa. Proprio il fattore sorpresa sarebbe dovuto essere quello su cui basarsi in caso di guerra. Tutto questo con la piena consapevolezza che la Russia non era in grado, al momento, di opporsi in nessun modo agli U.S.A.. Questi volevano infatti non solo che nessuno potesse attaccare la potenza statunitense, ma che nessuno fosse nemmeno in grado di difendersi da essa. Il generale Groves insisteva addirittura affinché nessuno oltre a U.S.A., Canada e Gran Bretagna fosse in grado di costruire ordigni nucleari. Tutto ciò fa vedere come il progetto degli Stati Uniti sia sempre stato quello di rimanere al di sopra di ogni altra nazione, tanto in guerra come in pace, tanto nel presente quanto nel futuro.

Texas. Condanna a morte per disabile mantale

Texas: è prevista per domani, 7 agosto, l'esecuzione capitale di Marvin Wilson. L'uomo - un afroamericano di 53 anni - è detenuto nel carcere di Huntsville dal 1992, per mezzo dell'assassinio di un informatore della polizia: quest'ultimo, poco tempo prima, lo avevo denunciato per spaccio di droga.
Wilson - che, pur ammettendo il proprio coinvolgimento nella vendita di sostanze stupefacenti, si è sempre dichiarato innocente rispetto all'accusa di omicidio - è affetto da una grave forma di ritardo mentale. Nonostante la comprovata diagnosi medica, lo Stato del Texas pare essere intenzionato a non sospendere l'attuazione della condanna.
L'ottavo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, recita: "Non si dovranno esigere cauzioni onerose, né imporre ammende altrettanto onerose, né infliggere pene crudeli ed inconsuete". Nel 2002 - in occasione del caso "Atkins v. Virginia" - una sentenza emessa dalla Corte Suprema definiva incostituzionale la condanna capitale per soggetti afflitti da disabilità di natura mentale, giacché - secondo i giudici - essa rappresenta un'aperta violazione dell'emendamento sopra citato, proprio nella parte in cui vieta di "infliggere pene crudeli ed inconsuete". La stessa sentenza - tuttavia - riconosce, ai singoli Stati, la facoltà di stabilire "cosa costituisca disabilità".
Le associazioni per la difesa dei diritti umani hanno lanciato diversi appelli il cui messaggio, al momento, sembra essere rimasto inascoltato. Il legale di Wilson ha presentato ricorso alla Corte Suprema, ed avanzato una richiesta di sospensione della pena al governatore del Texas, Rick Perry. Questi, però, respingeva - qualche tempo fa - una proposta di legge avente ad oggetto il divieto di corrispondere la pena di morte per i condannati con ritardi mentali. 
Rob Freer, di Amnesty, ha dichiarato: "Mentre una maggioranza di paesi hanno bloccato completamente le esecuzioni, per non parlare dei disabili mentali, gli USA continuano a contraddire questo trend globale con il Texas che, troppo spesso, si trova alla guida". Già il 18 luglio, nel medesimo Stato, veniva giustiziato - attraverso un'iniezione di pentobarbital - Yokamon Hearn, anche lui affetto da una patologia di natura psichiatrica.
Il senatore Rodney Ellis, dal canto suo - rispetto al caso Wilson - riferisce: "In Texas non condanniamo a morte i bambini, e pertanto non dovremmo mettere a morte chi ha le capacità mentali di un bambino".

mercoledì 1 agosto 2012

Per non dimenticare. Luciano Paione Fiaccolata 18 Agosto 2012

PIANE D'ARCHI. «Basta con queste morti sulle strade», il parroco della chiesa di contrada Marcianese si è rivolto così alle tante persone che ieri pomeriggio hanno dato l'ultimo saluto a Luciano Paione, il 51enne di Lanciano morto in un frontale sulla Fondovalle Sangro.

Aveva deciso di accompagnare il figlio in macchina per non lasciarlo andare in moto. Il ragazzo, insieme alla fidanzatina e ad un amico, doveva raggiungere una comitiva a Rosello, per passare tutti insieme il Ferragosto. Voleva andare in moto, ma il papà ha insistito: «Preferisco non farvi correre pericoli sulla strada, vi accompagno io». Domenica mattina, intorno alle 8,15, Luciano Paione è salito sulla sua Fiat Punto insieme alla moglie e ai tre ragazzi.

Doveva essere una tranquilla passeggiata, ma lungo la statale 652, in località Cannella di Archi, la macchina dei Paione si è vista piombare addosso una Fiat Bravo guidata da Iuliana Armeanu, romena di 26 anni. L'auto guidata dalla donna ha completamente invaso la corsia opposta, scontrandosi frontalmente con la Punto, che si è prima girata, strusciando per un tratto lungo il guard-rail, per poi accappottarsi. Per l'operaio della Sevel lo scontro è stato fatale.

Estratto ancora vivo dalle lamiere dell'automobile, all'arrivo dei soccorritori aveva già perso conoscenza e a nulla sono valsi i tentativi di rianimarlo. Ad assistere inerme alla scena è stata la moglie, Annalisa Abbonizio, di 47 anni, uscita quasi illesa dalla macchina, che ha visto adagiare il telo bianco sul corpo senza vita del marito. Il figlio della coppia, Nicolas, di 17 anni, è ricoverato al Renzetti per diversi traumi, e gli è stata asportata la milza.

Rita Tucci, la fidanzatina 18enne di Nicolas, si trova nell'ospedale di Atessa per essere sottoposta ad un'operazione alla mano, mentre Eros Di Nunzio, 19 anni, l'altro ragazzo a bordo della Punto, è nel nosocomio di Lanciano, nel reparto di oculistica, perché ha delle schegge di vetro in un occhio. La cittadina romena è stata trasportata con l'elicottero del 118 all'ospedale di Pescara, ed è grave.

La Statale è rimasta chiusa per consentire i rilievi quasi per tutta la mattinata. Sulle cause dell'incidente indagano i carabinieri. Luciano Paione lascia anche un altro figlio, Andrea, di 21 anni, che domenica era in montagna con degli amici. L'uomo, originario di Castel Frentano, la sera del 15 avrebbe dovuto festeggiare la ricorrenza dell'Assunta in paese. In molti lo ricordano così: «Un grande lavoratore, una persona con cui era bello stare insieme».

Morto il bambino rimasto coinvolto nell'incidente con la mamma

E’ morto all’alba di questa mattina il bambino di sei anni coinvolto nel tardo pomeriggio di ieri, attorno alle18, in un incidente in via Lungobotte a Pontinia, tra la migliara 48 e la 49 e mezzo. Il piccolo era a bordo di una Ford Ka condotta dalla madre, una ragazza di 32 anni: l’auto è uscita fuori strada andandosi a schiantare contro un albero, poco distante dalla loro abitazione.

Difficili i soccorsi per estrarre i due dalle lamiere. Il bambino è stato trasportato al Santa Maria Goretti già in gravissime condizioni, poi sottoposto a un delicato intervento chirurgico: alle prime luci dell’alba di questa mattina il suo cuore ha smesso di battere. Ancora gravi anche le condizioni della madre che si trova ricoverata nel reparto di rianimazione.