giovedì 4 aprile 2013

Un capello tra le mani di Chiara Poggi

Garlasco (Pavia) - Nella giornata di domani è attesa la decisione della Cassazione in merito alla posizione di Alberto Stasi, assolto in entrambi i gradi di giudizio dall'accusa di essere l'assassino della fidanzata Chiara Poggi, uccisa a Garlasco quasi sei anni fa, ma la famiglia della ragazza si augura che il caso possa essere riaperto per un capello. E' certamente difficile dimenticare la violenza di un caso di cronaca come il delitto di Garlasco avvenuto ad agosto del 2007 visto che in quell'occasione era rimasta uccisa una ragazza come Chiara Poggi di solo ventisei anni che era conosciuta dalla maggior parte della gente del paese come una persona tranquilla, ma nonostante il passare degli anni ancora non è stato possibile darle giustizia. La famiglia di Chiara ha però sempre nutrito particolari dubbi sull'innocenza di Alberto Stasi, il fidanzato della ragazza che ha ritrovato il suo corpo ormai senza vita e che è sempre stato l'unico indagato per l'omicidio, anche se ora l'auspicio è che le indagini possano riprendere in modo più preciso e magari rivedere anche la posizione del ragazzo, che si è comunque dichiarato sempre innocente.
I Pogg, infatti, fanno leva per la loro richiesta su un capello biondo che Chiara avrebbe avuto tra le mani quando è stata ritrovata senza vita e che ora andrebbe analizzato per capire se il dna mitocondriale che può essere estratto dal bulbo e dal fusto in modo tale da far capire chiaramente se davvero Alberto non abbia avuto alcun ruolo nella tragedia. Giuseppe e Rita Poggi si augurano così che ora la loro richiesta possa essere finalmente accolta visto che l'esame genetico, che è lo stesso effettuato per il caso di Yara Gambirasio, non è costoso nè difficile e potrebbe essere determinante a dare finalmente la svolta tanto attesa alle indagini.
Le richieste della famiglia di Chiara non sono però finite qui visto che si vorrebbe anche di nuovo l’acquisizione della bicicletta nera da donna che sarebbe di proprietà degli Stasi (quella di cui parlò nella sua testimonianza la signora Franca Bermani) e, unitamente al pg di Milano, la ripetizione da parte di Alberto dell’esame della ‘camminata’ per capire come sia riuscito a non sporcarsi di sangue la suola delle scarpe quando entrò nella villetta e trovò il corpo senza vita di Chiara.  La difesa di Stasi aveva però ritenuto le richieste della parte civile e del pg "inammissibili e infondate", mentre l'esame del capello era stato considerato inutile e non necessario, anche se per i legali si trovava solamente vicino al cadavere e non nel palmo di Chiara a conferma che potrebbe essere solo caduto e non strappato dalla vittima per cercare di difendersi in modo estremo. 

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